Continuano a trapelare notizie destinate a rinfocolare le polemiche non solo sul recente crac di Celsius, ma anche sull’eccessiva disinvoltura con cui alcune aziende impegnate nel settore delle criptovalute conducono le proprie attività. L’ultimo atto, almeno per ora, della saga è quella rappresentata dalla vendita dei Bitcoin depositati dai clienti nella società da parte di Alex Mashinsky.

Una mossa decisa in maniera del tutto autonoma dal CEO di Celsius e nonostante il parere contrario espresso da trader navigati e rodati da decenni di esperienza sul campo. Mashinsky avrebbe optato per questa strategia spinto dalla preoccupazione per le voci relative ad un aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. I timori in questione lo avrebbero spinto a ordinare ai suoi sottoposti la vendita dei BTC depositati dalla clientela, per poi riacquistarli il giorno dopo.

Se Mashinsky pensava di poter lucrare da questa operazione, la realtà è però andata esattamente nell’altro verso. Nell’arco temporale in considerazione, infatti, la quotazione del Bitcoin è scesa da 48mila a 38mila dollari, provocando perdite per circa 50 milioni di dollari nel breve volgere di 24 ore. In effetti la mossa della Federal Reserve è poi arrivata, ma soltanto due mesi dopo. Uno sfasamento temporale costato molto caro a Celsius.

Da un punto di vista legale, però, sono stati gli avvocati di Celsius a sostenere che queste decisioni non comportano alcuna ricaduta di carattere legale. Nel corso della prima udienza per la bancarotta, che si è tenuta nel mese di luglio, gli avvocati dello studio legale Kirkland, guidati da Pat Nash, hanno infatti spiegato in maniera dettagliata come gli utenti retail provvisti di un account Earn and Borrow abbiano in pratica trasferito la proprietà dei loro tokens all’azienda, come previsto dai termini di servizio. In conseguenza di questa cessione l’azienda era perciò libera di utilizzarli, darli in pegno, venderli e ipotecarli in base alle esigenze del momento.

Bisogna però sottolineare allo stesso tempo che la mossa di Mashinsky era stata sconsigliata con grande forza da Van Etten, all’epoca Chief Investment Officer dell’azienda, il quale ha poi tratto le conclusioni di quanto accaduto lasciando il posto nel mese successivo agli eventi in questione. Una decisione tale da dimostrare come il crollo di Celsius potesse essere evitato con una politica più accorta, a prescindere dall’andamento dei mercati e dal crollo di Terra (LUNA).

Celsius, le voci in questione preludono ad una causa giudiziaria?

La notizia in questione proviene da una fonte da sempre considerata autorevole, ovvero il Financial Times. Ove essa fosse confermata, verrebbe a saltare la motivazione ufficiale che è stata immediatamente collegata al crac di Celsius, ovvero le difficoltà proposte dal crypto winter in atto e l’effetto domino innescato dal crac di Terra.

C’è poi un’altra indiscrezione a rendere ancora più critico il quadro per Mashinsky, ovvero il rifiuto di fronte alla proposta avanzata da Grayscale per liquidare la propria posizione su GBTC al fine di limitare le perdite. Una decisione improvvida la quale ha comportato una perdita complessiva di 125 milioni di dollari, allargando ulteriormente il buco e aggravando la situazione complessiva dell’azienda.

Naturalmente, questa notizia potrebbe cambiare notevolmente il quadro relativo all’azienda fallita (la richiesta di accedere al Chapter 11 è infatti il corrispondente del fallimento in Italia). Soprattutto potrebbe far perdere a Celsius l’appoggio della comunità che continua a sostenere il progetto nella speranza di poter riavere i soldi persi dopo il crac, tanto da dar vita ad uno short squeeze che ha spinto in alto il prezzo di CEL. Il token è al momento ad una quota superiore del 210% rispetto al prezzo segnato un mese fa, anche se ancora lontanissimo dai massimi storici, come del resto tutte o quasi le criptovalute.

La risalita fatta registrare è peraltro stata rinvigorita dal lancio di una serie di indiscrezioni sul possibile acquisto di asset da parte di Ripple, che però non ha sino a questo momento dato indicazioni su quali parti di Celsius siano oggetto del suo interessamento.
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Celsius, i debiti sono maggiori rispetto a quanto dichiarato

Alle indiscrezioni sulle strampalate mosse di Mashinsky occorre peraltro aggiungere quanto emerso nelle ultime ore da uno studio condotto sulla reale situazione debitoria di Celsius. Se all’atto della bancarotta il network aveva indicato in 1,2 miliardi di dollari il suo passivo, in realtà il deficit ammonterebbe a ben 2,85 miliardi.

In particolare, l’analisi condotta sugli asset aziendali evidenzia che la società ha una passività netta di 6,6 miliardi di dollari, a fronte di un patrimonio totale in gestione di 3,8 miliardi. Cifre quindi che sono molto diverse da quelle presentate nella dichiarazione di fallimento, ove Celsius aveva indicato asset per 4,3 miliardi di dollari e una passività pari a 5,5 miliardi.

Lo studio, che è stato presentato la passata domenica, ha anche reso noto come dei 100.669 Bitcoin che erano stati depositati dagli investitori, la compagnia ne avrebbe persi 62.853. Al momento, infatti, ne detiene soltanto 37.926, a conferma di quanto a lungo sostenuto da Simon Dixon, un crypto-imprenditore il quale ha sempre dimostrato un forte interesse per il caso Celsius, tanto da rimarcare il notevole divario fra l’effettivo deficit dell’azienda e la situazione debitoria prospettata al momento del fallimento.

Allo sfasamento tra i dati effettivi e quelli acclusi alla richiesta societaria di accedere al Chapter 11 va peraltro aggiunta una affermazione rilasciata dagli avvocati di Celsius nel corso della prima udienza per la bancarotta. In quell’occasione, infatti, i legali hanno affermato la possibilità di vendere i Bitcoin estratti dalla propria filiale per pagare i debiti, a conferma di quanto sostenuto da Mashinsky in un documento, ove il CEO indica in 15mila i BTC che sarebbe possibile generare da qui al 2023.

Una affermazione aspramente criticata da David Silver su Twitter, in un messaggio assolutamente esplicito: “Riuscite a immaginare che Patrick Nash e gli avvocati di Kirkland vi abbiano detto che Celsius è una società dedita al mining di Bitcoin? Perché è tutta fuffa”. Fuffa fa rima con un termine che sembra molto più indicato per la situazione delineatasi nel corso degli ultimi giorni e delle tante questioni da chiarire che stanno emergendo giorno dopo giorno, secondo molti osservatori neutrali. I prossimi atti della saga sono quindi chiamati a sgombrare il campo da ipotesi le quali potrebbero minare ulteriormente la credibilità al momento molto basse dell’intero mondo crypto.

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