Dopo il suo esordio, Apple Pay ha avuto bisogno di un congruo arco temporale per carburare. Con il trascorrere dei mesi, però, il sistema di pagamento ha preso sempre più piede. A dimostrarlo è un rapporto elaborato da TradingPlatforms, secondo il quale la piattaforma ha sopravanzato Mastercard, collezionando pagamenti per oltre 6 trilioni di dollari annui. Una tendenza sempre più vigorosa la quale, a detta degli estensori dello studio, potrebbe permettere in breve di mettere Apple Pay e VISA in diretta competizione.

A commentare quanto sta accadendo è stata Edith Reads, la quale ha messo in rilievo come Apple Pay stia diventando un vero e proprio punto di riferimento in tema di pagamenti, per aziende e consumatori. Non è azzardato pensare che dopo aver operato il sorpasso nei confronti di Mastercard ora possa mettere nel suo mirino il vertice, rappresentato appunto da VISA.

A supportare la sua scalata, sempre secondo la Reads, è in particolare il suo monopolio sull’hardware NFC dell’iPhone, una mossa che ha riversato frutti copiosi sul suo sistema di pagamento. Una mossa estremamente accorta che dovrebbe senz’altro continuare ad avvantaggiare Apple Pay nel corso dei prossimi anni. A meno che, la class action intrapresa nei confronti dell’azienda proprio in relazione alla decisione di rendere impossibile alla concorrenza l’accesso alla tecnologia NFC integrata negli iPhone.

Apple Pay va verso l’espansione globale

Apple Pay è uno strumento per il pagamento in mobilità il quale è in grado di offrire diversi vantaggi rispetto alle normali carte plastificate. I pagamenti mobili, in effetti, conferiscono agli utenti la possibilità di ottenere i propri punti in tempo reale, a differenza di quanto avviene con le carte di credito tradizionali, le quali sono vincolate a incentivi una volta portato a termine l’acquisto. Nel processo di pagamento mobile sono peraltro inclusi anche coupon e premi, a rendere ancora più profondo il solco in termini di pura convenienza.

La presenza di elementi interattivi consente di migliorare la fidelizzazione del programma fedeltà, aggiungendosi all’ulteriore grado protezione assicurato ai portafogli digitali degli smartphone dalla biometria. Vantaggi i quali vanno ben oltre il chip e il pin che sono utilizzati per le transazioni mediante carta di credito. Se la tecnologia tap-to-pay (T2P) non è nuova, ha però registrato un’enorme crescita nel corso dell’ultimo biennio, giovandosi in particolare dei timori e delle nuove necessità sanitarie indotte dalla comparsa del Covid a livello globale.

Proprio la volontà di passare a forme di pagamento in grado di rassicurare da un punto di vista psicologico i consumatori messi sotto pressione dallo stillicidio di notizie sulla diffusione del virus ha permesso ad Apple Pay di recuperare il ritardo iniziale nei confronti di Mastercard. Un gran numero di essi ha infatti individuato nel digitale un’alternativa alle tradizionali carte di credito, sotto la spinta della veste in cui si presenta Apple Pay: un portafoglio digitale in grado di salvare le informazioni di pagamento e che richiede solo un clic per l’acquisto.

Apple Pay compila i dettagli di spedizione e di contatto, rendendo in pratica lo shopping online un gioco da ragazzi per l’utente. Alla luce di quanto accaduto in era post Covid non stupisce eccessivamente il gradimento riscosso, che dovrebbe aumentare in maniera esponenziale nell’immediato futuro.

Come ricordato nel rapporto, se nel 2021 l’azienda ha rafforzato la sua presenza globale offrendo il suo portafoglio mobile all’interno di nove nuovi Paesi, trovando una notevole risposta in Messico, Colombia e Israele, Apple ha continuato a tessere la sua tela, soprattutto nei confronti della Corea del Sud, per la quale ha messo in preventivo una collaborazione con Hyundai. Al momento sono una sessantina i Paesi ove è presente Apple Pay, mentre 200 reti di trasporto pubblico vantano già il supporto di Apple Wallet.

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Apple Pay, lo stop potrebbe arrivare dalla class action?

Come abbiamo ricordato, Apple si trova al momento sotto tiro per quelle che secondo alcuni sarebbero palesi violazioni dello Sherman Antitrust Act, la legge contro i monopoli varata nel lontano 1890 a testimonianza del fatto che in quel Paese la formazione dei trust è vista come fumo negli occhi, andando in pratica a violare i legittimi diritti dei consumatori ad avere merce a prezzi tali da non risentire dell’azione esercitata da rendite di posizione di qualsiasi genere.

In pratica, la vertenza messa in atto dai consumatori deriva dal fatto che l’impossibilità per la concorrenza di accedere alla tecnologia NFC integrata nell’iPhone consegna all’azienda un miliardo di introiti indebiti. Una cifra derivante dal fatto che per gli utenti si presenta una sola opzione disponibile, appunto Apple Pay. Per effetto di questo stratagemma, le emittenti devono infatti versare una commissione pari allo 0,15% nel caso delle carte di credito e a mezzo centesimo per quelle di debito.

La class action rappresenta la versione statunitense della causa portata avanti a livello di Unione Europea da PayPal, e l’intento è in entrambi i casi quello di  riuscire a smascherare l’atteggiamento monopolistico di Apple. Se sul suolo continentale il tutto sembra ridursi ad una semplice questione di concorrenza, negli Stati Uniti proprio il richiamo allo Sherman Antitrust Act eleva la discussione facendone una questione di democrazia economica. Una materia che in quel Paese è considerata non meno dirimente di quella politica.

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