La Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti ha deciso di vagliare con attenzione la proposta di acquisizione da parte di Amazon di iRobot, la società che produce la serie Roomba di aspirapolvere automatizzati. L’indiscrezione ha iniziato a circolare nella giornata di ieri, dopo che lunedì l’ente che regola il commercio ha avanzato la richiesta di maggiori informazioni ad entrambe le aziende interessate. In pratica si tratta di una “seconda richiesta”, una procedura la quale va a indicare la volontà di condurre un’indagine più approfondita su determinate questioni.
L’indagine è stata interpretata come il segnale di una precisa volontà, quella dei funzionari della FTC di esaminare in maniera minuziosa l’operazione da 1,7 miliardi che ha portato l’azienda produttrice del celebre Roomba nell’orbita di Amazon. Operazione che non è stata vista di buon occhio dalle associazioni dei consumatori, le quali hanno avanzato una richiesta per la sospensione dell’accordo conseguito.
La decisione rischia però di esacerbare i rapporti già tesi tra ente regolatore e Amazon, dopo le recenti frizioni che hanno spinto l’azienda a portare avanti una mossa abbastanza irrituale, ovvero la richiesta di autoricusazione su tutte le questioni riguardanti il colosso di Seattle del numero uno di FTC, Lina Khan, accusata in pratica di un evidente pregiudizio nei suoi confronti.
Le proteste delle associazioni dei consumatori
Già all’inizio di questo mese, decine di associazioni dedite alla difesa dei diritti dei consumatori hanno deciso di prendere di petto la questione. Per farlo hanno inviato comunicazioni alla Federal Trade Commission sostenendo in particolare che l’accordo offrirebbe ad Amazon l’opportunità di rafforzare la propria posizione di monopolio nell’economia digitale. Il gigante del commercio elettronico, infatti, potrebbe cercare di vendere gli aspirapolvere in perdita (il dumping è una tecnica commerciale apertamente sleale) o proponendoli all’interno del suo servizio di abbonamento Prime. Una condotta del tutto irrituale, tale da poter portare in breve al fallimento delle altre aziende che al momento presidiano la nicchia di mercato relativa agli aspirapolvere intelligenti.
A questa prima criticità se ne andrebbe poi ad aggiungere un’altra di non poco conto, quella rappresentata dal fatto che il controllo di Amazon su Roomba potrebbe consentire all’azienda di Jeff Bezos l’accesso a dati dettagliati relativi alla disposizione delle case, sugli interni e sullo stile di vita dei consumatori. Una lunga serie di informazioni tali da poter consegnare all’azienda di Seattle una ulteriore base di appoggio per il rafforzamento della rendita di posizione di cui già Amazon gode. Una eccezione del tutto logica, considerato come gli altri operatori che presidiano il settore del commercio elettronico non avrebbero a loro volta accesso agli stessi dati.
Al momento, Amazon non avrebbe risposto a una richiesta di commento sull’indagine varata dalla FTC, ma è logico pensare che già nei prossimi l’azienda vorrà provare una controffensiva mediatica tesa a contrastare l’aperta ostilità proveniente dalle associazioni dei consumatori. Una controffensiva i cui esiti potrebbero rivelarsi molto lontani dalle aspettative.
Un guaio tira l’altro, per Amazon
La notizia relativa a iRobot giunge in un momento molto particolare, in cui i rapporti tra Amazon e FTC sono già resi problematici dalla richiesta di informazioni della commissione tesa a capire meglio i contorni di un’altra proposta di acquisizione, quella nei riguardi del fornitore di assistenza sanitaria One Medical per 3,9 miliardi di dollari.
Occorre sottolineare che le seconde richieste di FTC non rappresentano un semplice pro forma, ma possono contribuire ad allungare i tempi necessari ad una fusione. Sin quando le società interessate non soddisfano per filo e per segno le richieste, infatti, è praticamente impossibile il completamento degli accordi conseguiti.
A rendere ancora più delicata la questione è proprio la strategia decisa da Amazon, con la richiesta avanzata nei confronti della presidente della Federal Trade Commission Lina Khan di autoricusarsi da tutti i casi che interessano il gruppo fondato da Bezos. A motivare questa grave mossa è, naturalmente secondo Amazon, il suo passato di aperta critica nei confronti del settore della tecnologia vocale.
A spingere il gigante dell’ecommerce in tal senso è stato un documento pubblicato dalla Khan sullo Yale Law Journal all’interno del quale erano evidenziate potenziali preoccupazioni verso una possibile posizione di monopolio da parte di Amazon. Il documento è stato la base per l’avvio di un serrato dibattito nazionale sulla legge contro i monopoli vigente negli Stati Uniti dal 1890, lo Sherman Antitrust Act, con un particolare focus sulle piattaforme Big Tech.
Alla richiesta di autoricusazione la FTC ha comunque rifiutato di offrire qualsiasi genere di commento, confidando con tutta evidenza su un sostegno sempre più diffuso nella società contro le pratiche monopolistiche che vanno in definitiva a ledere gli interessi dei consumatori. Un tema che negli Stati Uniti è preso con molta serietà.
Il mese scorso, la stessa FTC ha anche annunciato che sta valutando la possibilità di dare vita a nuovi regolamenti per le aziende statunitensi nel preciso intento di porre dei paletti per quanto riguarda le modalità con cui le stesse procedono alla raccolta, all’utilizzo e alla condivisione delle informazioni personali riguardanti i consumatori. Le nuove normative potrebbero andare a detrimento di tutte quelle aziende le quali non fanno alcun mistero di contare su quei dati per le proprie strategie commerciali. A partire proprio da Amazon.
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