Google avrebbe girato ad Apple una parte delle entrate generate dagli utenti di Chrome su iOS ritagliandosi in cambio la possibilità di restare il provider di ricerca predefinito su Safari e altri vantaggi commerciali? Il quesito sarebbe al momento al vaglio del Department of Justice (DoJ) degli Stati Uniti e della Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito. Si tratterebbe di un accordo tale da andare a discapito del principio di concorrenza, che nel mondo anglosassone viene preso con molta serietà.

L’accordo tra Google e Apple: di cosa si tratta?

Se già era noto l’accordo in base al quale Google paga ad Apple circa 15 miliardi di dollari ogni anno, in modo tale da potersi garantire che il suo motore di ricerca rappresenti l’opzione predefinita sui dispositivi dell’azienda, le ultime indiscrezioni in base alle quali il pagamento riguardi anche le ricerche in Chrome su iOS, dando vita in pratica ad un accordo di compartecipazione alle entrate si prospetta come un nuovo sviluppo tale da creare grattacapi alle aziende interessate.

Oltre ad essere noto solo ad un ristretto numero di persone, questo secondo patto è rimasto segreto anche per quanto concerne le cifre in ballo. L’ipotesi della CMA è che gli importi in questione siano messi in campo proprio nell’intento di dissuadere Apple dalla competizione con Google in un settore vitale per l’azienda concorrente, come quello rappresentato dalle ricerche online.

Ove le indiscrezioni in questione venissero confermate, si spiegherebbe con estrema chiarezza la riluttanza evidenziata per lungo tempo da Apple nel lancio di un suo motore di ricerca o nello sviluppo di Safari, in modo da farne un’alternativa credibile su macOS. Indiscrezioni le quali, però, prefigurano allo stesso tempo una situazione grave per la legislazione antitrust degli Stati Uniti.

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Perché l’accordo tra Google e Apple costituirebbe una grave violazione

Com’è ormai noto, negli Stati Uniti il principio di concorrenza è preso con molta serietà. La sua mancanza o parziale lesione, infatti, rappresenta in definitiva un grave danno agli interessi dei consumatori. Proprio su questo assunto si basa quindi la legislazione antitrust a stelle e strisce, i cui albori risalgono addirittura al 1890, quando fu emanato lo Sherman Act.

Per effetto di un accordo come quello di cui si vocifera in queste ore, tale legislazione, e gli interessi che cerca di tutelare, verrebbe ad essere aggirata in maniera evidente. In pratica, Google e Apple si assicurano il mantenimento dello status quo, ovvero della propria posizione di forza, dividendosi il settore di mercato presidiato.

In pratica, se da un lato Google gira ad Apple una parte delle entrate generate dagli utenti di Chrome su iOS, dall’altro lato si assicura che Google Search sia il motore di ricerca predefinito una volta che sia completata l’installazione del browser web, come avviene peraltro per Mozilla. Il danno per i consumatori è del tutto evidente e su questo le due aziende potrebbero presto essere chiamate a rispondere.

Il precedente del 2021

La situazione che si prefigura in base all’accordo tra Google e Apple è peraltro già stata oggetto di una denuncia, presentata dallo studio legale Alioto di San Francisco il 27 dicembre del 2021. L’atto in questione afferma che Apple è stata pagata per i profitti che avrebbe realizzato nel caso in cui avesse deciso di gareggiare con Google a patto di non farlo, con evidente vantaggio per entrambe, lo stesso che sarebbe ora all’esame del Department of Justice.

La situazione di vantaggio reciproco è stata peraltro spiegata da Donald Polden, decano emerito e professore di diritto presso la Santa Clara University della California: “Un paio di anni fa, alcuni dei miei studenti mi chiedevano perché Apple non avesse sviluppato la sua piattaforma di ricerca per dispositivi mobili Safari per affrontare la ricerca di Google e questa è una spiegazione abbastanza buona: è semplicemente troppo vantaggioso mantenere il rispettivo dominio”.

Resta naturalmente da capire se alla luce dell’indagine aperta dalla CMA le autorità statunitensi intenderanno rimettere mano alla questione. Nel frattempo, però, sembra che qualcosa stia mutando al riguardo, proprio per effetto della pressione normativa in aumento. Oltre ad aumentare le dimensioni del suo team Safari WebKit nel corso degli ultimi due anni, proprio nei giorni passati Apple ha rilasciato un aggiornamento per la prima beta di Safari 16.4, la quale offre molte delle funzionalità la cui mancanza era stata lamentata dagli sviluppatori.

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