Le lenti degli occhiali che filtrano la luce blu non sono efficaci, o meglio, non riducono l’affaticamento degli occhi legato all’utilizzo di dispositivi digitali come smartphone, computer e schermi di vario genere. È questa la tesi dell’Università di Melbourne pubblicata nel Cochrane Database of Systematic Reviews legata una revisione di 17 studi, tesi che smentisce i proclami marketing delle aziende del settore degli occhiali.
Indice:
Le lenti che filtrano la luce blu non funzionano
Cos’è la luce blu? È dannosa?
In questi ultimi anni, complice l’utilizzo sempre più generalizzato dei dispositivi elettronici accentuato anche dalle conseguenze del COVID-19 (cioè il lavoro in smart working), è cresciuto l’interesse nelle soluzioni per ridurre l’affaticamento degli occhi, legato soprattutto alle emissioni di luce blu che dispositivi simili generano. Fra questi ci sono in primis le lenti che fungono da filtro, prodotti commercializzati da varie aziende di occhiali e di lenti come Zeiss, che sul mercato propongono diverse soluzioni ad hoc per contrastare la luce blu, una parte di luce dello spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, presente nella luce solare ed emanata anche da fonti artificiali come smartphone, tablet, computer, TV e lampadine fluorescenti.
Nonostante in varie sedi sia frequente leggere di effetti negativi sulla qualità del sonno e altri disagi, non ci sono ad oggi evidenze scientifiche che confermino che la luce blu emessa dagli schermi causi affaticamento agli occhi, nonostante diverse aziende di occhiali dichiarino il contrario. La stessa American Academy of Ophthalmology, come riportato dal Washington Post, ha affermato che l’esposizione alla luce blu non danneggia la retina o né è legata a malattie come la degenerazione maculare, precisando piuttosto che gli studi al riguardo sono stati condotti solo in laboratorio su animali, senza imitare le condizioni di esposizione a schermi di dispositivi elettronici.
Lenti anti luce blu sì o no?
Una recente revisione pubblicata nel CDSR (Cochrane Database of Systematic Reviews, la principale risorsa sulle revisioni sistematiche in campo sanitario) conferma quanto riportato: non ci sono prove a supporto di un minor affaticamento degli occhi dall’uso di dispositivi digitali associato alle lenti anti luce blu.
In sostanza, sembra essere più che altro una trovata pubblicitaria secondo quanto emerso dalle analisi effettuate dal team di ricerca dell’Università di Melbourne, che ha revisionato 17 studi condotti in sei Paesi, che includevano in totale 619 persone. A seguire le parole dell’autrice della revisione, la professoressa dell’istituto Laura Downie e responsabile del Downie Laboratory: Anterior Eye, Clinical Trials and Research Translation Unit:
“Abbiamo scoperto che potrebbero non esserci dei vantaggi a breve termine (uso da due ore a una settimana) nell’utilizzo di lenti per occhiali con filtro della luce blu per ridurre l’affaticamento degli occhi associato all’uso del computer, rispetto alle lenti senza filtro. Al momento non è chiaro se queste lenti influenzino la qualità della vista o gli effetti legati al sonno, e non è possibile trarre conclusioni su eventuali effetti sulla salute della retina a lungo termine. I risultati della nostra revisione non supportano la prescrizione di lenti filtranti per la luce blu […] le persone dovrebbero essere consapevoli di questi risultati nel momento in cui decidono di acquistare o meno queste lenti”.
Dunque, sulla base di quello che sappiamo oggi le lenti anti luce blu non funzionano, lenti che il dott. Sumeer Singh dell’Università di Melbournge, sottolinea essere comunque filtranti fra il 10 e il 25% a seconda del prodotto, percentuali necessariamente basse per evitare che le lenti abbiano un’evidente sfumatura ambrata che comprometterebbe la percezione dei colori. “Sono necessari ancora degli studi di ricerca di alta qualità e di grandi dimensioni con un follow-up più lungo e in popolazioni diverse per accertare più chiaramente i potenziali effetti delle lenti per occhiali anti luce blu sulle prestazioni visive, sul sonno e sulla salute degli occhi” ha affermato quest’ultimo.
Maggiori informazioni su questa ricerca sono reperibili nel comunicato stampa pubblicato dall’Università di Melbourne e nella revisione pubblicata nel Cochrane Database of Systematic Reviews.
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