Nelle scorse ore, centinaia di provider hanno ottenuto le credenziali per accedere alla piattaforma antipirateria Piracy Shield, grazie alla collaborazione con AGCOM. Questi fornitori stanno ora mettendo in funzione gli strumenti sviluppati per automatizzare la gestione delle richieste di blocco delle IPTV e per tutelare i contenuti protetti dal diritto d’autore e di chi li trasmette legalmente, come nel caso di DAZN o Sky.
Questa fase è iniziata circa un anno fa, quando la legge antipirateria è ufficialmente passata alla Camera, dando maggior potere ad AGCOM e sanzioni più severe per chi trasmette contenuti protetti dal diritto d’autore in maniera illegale. Nel corso dei mesi è stata sviluppata la piattaforma Privacy Shield, che dopo cinque mesi dalla fase iniziale è finalmente pronta per il suo utilizzo.
Sviluppata da SP Tech su richiesta della Lega Calcio, questa piattaforma è stata poi ceduta ad AGCOM per contrastare la diffusione non autorizzata di partite attraverso IPTV o browser web, riuscendo teoricamente a bloccare il contenuto trasmesso illegalmente entro 30 minuti dalla segnalazione da parte del detentore dei diritti. Il blocco non riguarderà solo il dominio ma anche l’indirizzo IP, attualmente IPv4 ma in futuro anche IPv6.
Piracy Shield parte col piede giusto, ma c’è ancora qualche problema
Il prossimo fine settimana potremo valutare con certezza l’efficacia di Piracy Shield, durante il grande match tra Inter e Juve. Tuttavia, già da ora si stanno verificando alcuni problemi di gioventù, con alcuni provider più piccoli che non hanno ancora ottenuto la consegna delle credenziali VPN e altri che hanno difficoltà nell’integrazione della piattaforma.
Un dibattito su LinkedIn è sorto anche tra Massimiliano Capitanio, commissario di AGCOM e proprietario di Piracy Shield, e Dino Bortolotto, ex presidente di Assoprovider, che ha accusato AGCOM di aver privilegiato gli interessi economici dei privati rispetto a quelli collettivi.
Nonostante la piattaforma sia stata donata da parte della Lega Calcio, sono stati previsti costi di manutenzione fino a 66 mila euro, ma al tempo stesso non sono stati considerati rimborsi per il tempo e le risorse investite dai provider in questi mesi. Bortolotto accusa ulteriormente AGCOM di aver costretto i provider ad incrementare i costi fissi, portando ad alterare la concorrenza tra operatori grandi e piccoli.
A parte questi piccoli problemi di gioventù, che al momento sembrano privilegiare maggiormente i provider italiani più grandi a scapito di quelli minori, Piracy Shield sembra partita col piede giusto: il primo blocco della piattaforma riguarda il dominio di un sito di film pirata e non un evento sportivo e questo dimostra che la piattaforma è stata progettata per tutelare i diritti di tutti i cittadini e non dei singoli privati.
Rimane tuttavia la preoccupazione per uno sviluppo apparentemente rapido di Piracy Shield, che potrebbe portare ad alcuni errori gravi, come blocchi di sistemi legali a causa di bug o segnalazioni errate. Nonostante esista una whitelist per proteggere gli indirizzi IP da non bloccare, al momento manca una procedura che possa sbloccare rapidamente i siti bloccati per errore. Staremo a vedere nei prossimi giorni.
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