La scorsa settimana è stata presentata Forthing Xinghai S7, una nuova auto elettrica particolarmente aerodinamica prodotta da Dongfeng, la casa automobilistica di cui si sta parlando molto ultimamente perché potrebbe aprire uno stabilimento in Italia. Si tratta di una vettura destinata al mercato cinese, per ora, prodotta da un’azienda di proprietà del governo cinese, una delle più “grandi” insieme a Chang’an Motors, FAW Group, e SAIC Motor.
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Dongfeng Forthing Xinghai S7: a tutta aerodinamica
Che l’aerodinamica sia sempre più centrale nello sviluppo delle nuove automobili non è un mistero, considerando l’importanza che riveste soprattutto per le auto elettriche e i modi con cui viene promossa dalle aziende stesse. Lo dimostrano i prototipi dei prossimi modelli, come pure le vetture di Dongfeng, azienda automobilistica cinese che, per la nuova Forthing Xinghai S7, dichiara un Cx di 0,191, il coefficiente di resistenza aerodinamica più basso fra le auto di produzione, ancora più basso della rivale Xpeng Mona M03, dal Cx di 0,194. Si tratta di un dato importante perché indica quanto l’automobile è in grado di fendere l’aria, valore che impatta molto sull’efficienza e, di conseguenza, sulle percorrenze. Per inciso, Tesla dichiara un Cx di 0,219 per la versione restyling di Model 3, di 0,23 per Model Y, valori comunque di tutto rispetto.
Dongfeng Forthing Xinghai S7 è una berlina da quasi cinque metri (493,5 cm), larga 191,5 cm e alta 149,5 cm, un’auto che si presenta con un frontale affusolato e con una linea del tetto che spiove dolcemente sulla coda. Le maniglie delle quattro portiere sono a filo con la carrozzeria, ma classici gli specchietti retrovisori. I gruppi ottici sono particolarmente sottili, sia i due anteriori che l’unico gruppo elemento posteriore, che si sviluppa in larghezza fino ad abbracciare anche la parte posteriore della fiancata, piuttosto allungata, nonostante la capacità del bagagliaio non sia eccelsa: 541 litri contro i 621 della Mona M03 citata, che è anche più corta di circa 15 centimetri.
Dentro, lo spazio per gli schermi non manca. Ce n’è uno da 15,6 pollici centrale, affiancato a un quadro strumenti digitale da 8,8 pollici posto dietro il volante. Sotto il cofano, trova posto un motore elettrico posteriore da 217 cavalli e 310 Nm di coppia alimentato da una batteria LFP (litio-ferro-fosfato) da 56,8 kWh che, secondo il ciclo cinese CLTC (più generoso del ciclo WLTP nostrano) equivalgono a circa 555 chilometri di autonomia.
Per quanto riguarda invece i prezzi, la Dongfeng Forthing Xinghai S7 parte da 119.800 yuan (circa 15mila euro) nella versione più economica Light Edition, auto disponibile anche nella variante Pleasure Edition a 129.800 yuan (circa 16.500 euro) e nella Luxury Edition a 139.800 yuan (quasi 18mila euro). I prezzi sono convertiti in euro nel momento in cui scriviamo e, per inciso, rappresentano una mera indicazione considerato che, nel caso in cui l’auto dovesse arrivare nel nostro mercato, costerà probabilmente di più, anche per via dei nuovi dazi sulle auto prodotte in Cina.
Dongfeng vuole produrre auto in Italia, a certe condizioni
A proposito di dazi e di auto prodotte in Cina, Dongfeng, come anticipato, è un’azienda che potrebbe aprire uno stabilimento in cui costruire le proprie auto in Italia. È stata un’idea del governo tornata di recente agli onori della cronaca per via di alcune indiscrezioni del Corriere della Sera, secondo cui la casa automobilistica avrebbe chiesto condizioni pesanti in cambio di quello che potrebbe essere un importante investimento, soprattutto per l’Italia.
Ci sarebbero innanzitutto delle pressioni sui dazi europei sulle auto prodotte in Cina che, da provvisori come sono attualmente, dovrebbero essere confermati fra poco più di un mese, salvo ripensamenti che il ministro del commercio della Repubblica popolare cinese Wang Wentao avrebbe chiesto al governo italiano di promuovere nell’Unione Europea, con lo scopo di creare un fronte contrario comune ad altri paesi per evitare che quei dazi diventino definitivi. Essendo Dongfeng un’azienda automobilistica statale, sarebbe una condizione chiave affinché l’accordo vada in porto.
L’altra pressione della Cina riguarda Huawei, ancora presente sul nostro mercato ma non coi suoi servizi di rete, proibiti in vari paesi occidentali per via dei legami sospetti con il governo di Pechino. L’obiettivo di quest’ultimo pare sia riportare Huawei a giocare un ruolo nelle infrastrutture di telecomunicazioni italiane (ed europee).
Entrambe queste condizioni sono in netto contrasto con le posizioni del governo italiano, condizioni che rendono di conseguenza molto meno probabile l’accordo con Dongfeng, azienda interessata principalmente a evitare i dazi europei.
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