Da parecchi anni i robot non sono più roba da film di fantascienza, da meno tempo non sono più neppure dimostrazioni alla Boston Dynamics, ricerche del MIT o show alla Tesla Bot, quanto piuttosto i protagonisti dell’automazione di un numero crescente di settori produttivi, tali da mettere a repentaglio l’esistenza di alcuni lavori umani e delineare un futuro diverso per altri.
Indice:
Formic (e non solo): i robot da lavoro non si acquistano, si noleggiano
Polar Manufacturing produce cerniere, serrature e staffe in metallo nella zona sud di Chicago da più di un secolo e alcune delle gargantuesche presse per metalli dell’azienda ultracentenaria sono in servizio ormai dagli anni ’50 del secolo scorso. Lo scorso anno, per andare incontro ad una domanda crescente in una situazione di carenza di manodopera umana, Polar aveva deciso di mettere a libro paga il suo primo lavoratore robotico.
Il braccio robotico in questione si occupa di un lavoro semplice e ripetitivo: sollevare un pezzo di metallo all’interno di una prezza, la quale poi lo piega per fargli assumere la forma desiderata. Alla stregua dei suoi colleghi umani, anche il robot-lavoratore viene pagato per le ore di lavoro svolte.
Jose Figueroa, manager della linea di produzione di Polar, riferisce che il robot, noleggiato da una compagnia denominata Formic, presenta un costo equivalente a 8 dollari all’ora, contro un salario minimo di 15 dollari all’ora necessario per i dipendenti umani. L’impiego di un robot ha reso possibile adibire i lavoratori umani a mansioni differenti, il che si è tradotto in un aumento della produzione. «Le società piccole talvolta soffrono perché non dispongono del capitale necessario per investire in nuove tecnologie. Noi stiamo facendo i conti con l’aumento del salario minimo», ha dichiarato Figueroa.
Il manager di Polar ha descritto come cruciale, in questa trasformazione tecnologica, il non aver dovuto pagare subito l’intera somma necessaria per acquistare il robot per poi compiere un investimento ulteriore per farlo programmare. Da qui a cinque anni Figueroa dice che gli piacerebbe vedere 25 robot al lavoro, che non rappresenteranno una minaccia per i 70 attuali dipendenti di Polar, ma che potrebbero rendere non necessarie nuove assunzioni “umane”.
Per quanto riguarda i robot in argomento — che potete vedere nell’immagine di apertura —, Formic acquista bracci robotici standard e li offre in noleggio insieme con il proprio software dedicato. I robot lavoratori pagati a ore sono ancora un numero piccolo ma stanno iniziando a diffondersi.
In tutto questo anche la pandemia ha giocato un ruolo non trascurabile, per via della carenza di manodopera in numerosi settori, sebbene le piccole realtà siano ancora riluttanti a compiere grandi investimenti sul fronte dell’automazione.
I robot di Formic sono entrati nelle linee di produzione anche della Georgia Nut, un’azienda dolciaria di Skokie (Illinois) che faticava a trovare dipendenti, il cui chief operating officer Steve Chmura ha dichiarato: «In questo particolare momento tutto quello che può aiutare a ridurre le ore e la necessità di lavoro è ovviamente benvenuto».
La riduzione dei costi e la diffusione dei robot
L’approccio “robot-operai” può indubbiamente aiutare la diffusione dell’automazione in tante piccole realtà, con un impatto innegabile sull’economia. Compagnie come Formic possono creare dei grossi giri d’affari proprio mettendo i propri robot al servizio delle piccole imprese, inoltre i dati così raccolti possono essere usati per migliorare la qualità dei prodotti e il lavoro dei clienti stessi.
Secondo Shahan Farshchi, investitore di Formic, lo stato attuale della robotica è paragonabile a quello dei computer prima dell’era dei personal computer: questi ultimi sono stati resi possibili nel momento in cui colossi come Intel e Microsoft li hanno resi economici e di facile utilizzo, ebbene per i robot viene auspicato un futuro simile.
Negli ultimi anni, proprio grazie al concorso di questi fattori, i robot hanno iniziato ad essere usati per numerosi lavori, ad esempio alcuni ospedali li usano per le consegne, diversi uffici come guardie di sicurezza.
Secondo Jeff Burnstein, presidente della Association for Advancing Automation, la crescita della domanda tra le società di piccole dimensioni ha fatto sorgere l’interesse nei robot intesi come un servizio. Viene portato l’esempio di RoboTire, una startup che sta sviluppando dei robot capaci di cambiare le gomme di un’automobile. Potremmo, insomma, trovarci di fronte ad una nuova normalità: «Nel momento in cui sempre più società stanno introducendo l’automazione in diversi settori, diviene evidente la percezione della robotica come un servizio», evidenzia Burnstein.
A tal riguardo la International Federation of Robotics, che si occupa proprio di tener traccia dei trend sulla robotica a livello mondiale, aveva evidenziato a ottobre come la vendita di robot fosse cresciuta del 13 percento nell’ultimo anno.
In questo senso sono significative le parole di Andrew McAfee, uno dei maggiori ricercatori del MIT e studioso delle implicazioni economiche dell’automazione: «Il declino dei costi è ottimo per la diffusione di una tecnologia». Secondo il ricercatore negli ultimi anni i robot sono diventati meno costosi e più facili da usare grazie alla diminuzione del costo di sensori e altri componenti e questo trend continuerà.
Dustin Pederson, CFO di Locus Robotics, una società che noleggia robot per uso in magazzini, riferisce che le entrate della sua società sono cresciute di sei volte nell’ultimo anno per effetto di una maggiore domanda di e-commerce e di una carenza di manodopera. Anche lui concorda che offrire un piano in abbonamento semplifica nettamente l’automazione di tante attività, sottolineando come a livello di magazzini l’adozione dei robot non sia ancora generalizzata.
Quale impatto sull’economia: posti di lavoro a rischio?
Neppure gli economisti sono ancora concordi in merito all’impatto che il crescente impiego di robot avrà sul mondo del lavoro “umano”. Il lavoro di ricerca di Daron Acemoglu e Pascual Restrepo, economisti del MIT e della Boston University, evidenzia che l’adozione di robot dal 1990 al 2020 ha portato a meno posti di lavoro e salari complessivamente più bassi.
Di contro, uno studio sull’adozione di robot nelle case di cura giapponesi da gennaio 2021 ha scoperto che la tecnologia ha aiutato a creare posti di lavoro rendendo possibile una maggiore flessibilità. Un altro studio del 2019 su imprese canadesi ha messo in luce come l’uso di robot abbia cambiato processi di lavoro, incidendo più sui manager che sui lavoratori di livello inferiore. Lynn Wu, professoressa associata della Wharton School presso la University of Pennsylvania, coautrice dello studio del 2019, ritiene che i robot pagati in base alle ore di lavoro diventeranno una realtà sempre più comune, tuttavia il processo non sarà così breve per via del fatto che sono ancora poche le aziende che sanno come usarli.
Allo stato attuale, i robot vengono usati essenzialmente per svolgere compiti semplici e ripetitivi, ma i robot stanno diventando più abili grazie all’intelligenza artificiale, pur avendo ancora difficoltà con ambienti complessi e situazioni incerte. Secondo alcuni ricercatori, proprio con l’aggiunta dell’AI i robot spingeranno le società verso una riorganizzazione, con un maggiore impatto sui posti di lavoro “umani”.
Saman Farid, CEO di Formic, dice che la società ambisce a offrire in futuro robot più abili per società di ogni genere: «Nei prossimi 5 o 10 anni i robot saranno in grado di svolgere molti più compiti. Col miglioramento del machine learning, una volta raggiunti livelli di affidabilità più elevati, inizieremo ad implementarli».
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