Ne siamo tutti consapevoli, il trend nel campo automobilistico è sempre più orientato alla mobilità elettrica, meno inquinante e più sostenibile di quella attuale. Per portare a termine questa transizione ci vorrà del tempo, non sono necessarie infatti solo le vendite (e conseguente circolazione) di auto elettriche, ma bisogna anche implementare la rete di stazioni di ricarica del nostro Bel Paese. Facciamo il punto della situazione, sulle colonnine di ricarica, attuale e futura.

La rete italiana continua a crescere, ma c’è ancora tanto da fare

Motus-E, associazione italiana costituita dai principali operatori industriali, del mondo accademico e dell’associazionismo ambientale per favorire la transizione dei trasporti verso tipologie più sostenibili, ha stilato il suo annuale rapporto sulle infrastrutture (potete prenderne visione qui). Secondo il report, i cui dati si riferiscono al 31 dicembre 2021, la rete italiana è cresciuta abbastanza rispetto all’anno precedente, con però alcune criticità di cui bisogna prendere atto e su cui si deve lavorare.

Alla fine dello scorso anno si è arrivati a contare un totale di 26.024 punti di ricarica, ripartiti in 13.233 infrastrutture differenti (stazioni e colonnine) distaccate in 10.503 luoghi pubblici o privati ma comunque accessibili al pubblico (ad esempio i parcheggi dei supermercati). I luoghi esclusivamente di pubblico dominio rappresentano il 79% del totale, il restante 21% ai privati. Rispetto all’anno precedente c’è stato un aumento del 35% sulle stazioni di ricarica con 6.700 punti in più, e del 36% per quel che riguarda le infrastrutture che contano 3.514 unità in più. Dal 2019, anno del primo report di Motus-E, c’è stato un aumento complessivo del 143%, con una crescita media annua pari al 48,8%, inoltre sono sensibilmente diminuite le stazioni di ricarica inattive, segno di uno sforzo per accorciare i tempi di attivazione spesso rallentati dalla burocrazia italiana.

Passiamo ora a quelle che sono le caratteristiche tecniche della rete italiana, si evince infatti dal report che per quel che concerne la potenza il 94% dei punti di ricarica sono in corrente alternata (ricarica rapida) mentre solo il 6% sono in corrente continua (in grado di effettuare la ricarica ultraveloce). Le due tipologie hanno contesti di applicazione teoricamente differenti, la ricarica rapida infatti è più adatta al contesto cittadino in cui le soste possono prolungarsi per più tempo, mentre la ricarica ultraveloce è più indicata per gli spostamenti lunghi con soste più brevi ad esempio in autostrada, ma applicabile anche a nodi di trasporto pubblico o logistico.

Un altro punto fondamentale è rappresentato dalla necessità di più automobili elettriche, in questo caso l’Italia si difende abbastanza bene in ambito europeo, conquistando il secondo posto con il miglior rapporto tra colonnine e auto elettriche (1 colonnina ogni 10 auto) dopo i Paesi Bassi (1 ogni 4). Nel resto d’Europa, per paesi come Regno Unito, Francia, Germania e Norvegia il rapporto va dalle 15 alle 25 auto per punto di ricarica. Ciò nonostante, volendo essere pignoli, il parco delle vetture elettriche circolanti in Italia è nettamente inferiore a quello delle altre nazioni europee.

A ogni modo Motus-E, con lo scopo di spronare a fare di più, stila una lista di 11 interventi ritenuti necessari:

  • L’utilizzo di un approccio unificato tra i vari comuni, e per questo Motus-E ha predisposto una bozza di regolamento semplice, efficace e veloce che possa aiutare i comuni nella stesura dei propri regolamenti;
  • L’inserimento delle infrastrutture di ricarica tra le fattispecie che sono esentate dal Canone Patrimoniale Unico, al fine di ridurre la pressione su un business che oggi è ancora non sostenibile ed in fase emergente;
  • Un dialogo sempre più proficuo tra i DSO ed i CPO.
  • La forte riduzione dei tempi di allaccio da parte dei distributori di energia (DSO). In particolare, occorre che i DSO forniscano ai CPO degli strumenti come piattaforme di condivisione informazioni che permettano di identificare a monte le aree a maggior potenziale attivo e pianificare efficientemente le potenze da installare a seconda dello stato di carico dell’area geografica in esame. Ciò consentirà anche di valutare dove effettuare le installazioni prima di presentare la proposta al comune;
  • La pianificazione insieme ai DSO del posizionamento delle installazioni ultra-veloci (High Power Charger) sulla rete a media tensione, in maniera tale da individuare dei nodi interessanti dal punto di vista del traffico ma compatibili con le reti di distribuzione e la loro potenza disponibile;
  • La rimodulazione delle tariffe di ricarica e degli oneri di connessione al fine di ridurre i costi fissi (in particolare delle ricariche ad alta potenza) e favorire l’integrazione dei veicoli con la rete elettrica;
  • La pubblicazione dei bandi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica previste dal PNRR;
  • La creazione di una cabina di regia che agisca a livello nazionale per uniformare quanto si fa, a differenti velocità, a livello regionale e locale. In particolare, riteniamo urgente la revisione del PNIRE e dei suoi target di diffusione delle infrastrutture;
  • Accentrare la responsabilità dei finanziamenti e del monitoraggio delle installazioni di infrastrutture pubbliche;
  • La creazione della Piattaforma Unica Nazionale (PUN) con la mappatura di tutte le colonnine ad accesso pubblico;
  • L’applicazione della normativa esistente in merito al divieto di sosta dei veicoli non in ricarica negli stalli riservati alla ricarica, visto il fenomeno in crescita del parcheggio abusivo su questi stalli.

Enel e Federdistribuzione: un accordo per aumentare il numero delle colonnine di ricarica

La divisione per la mobilità elettrica di Enel ha siglato un accordo con Federdistribuzione (associazione italiana che riunisce le imprese della distribuzione alimentare e non) con lo scopo di installare i punti di ricarica nei parcheggi di negozi e supermercati facenti parte dell’associazione, al fine di “favorire la diffusione della mobilità elettrica” e permettere “il pieno di energia dell’auto mentre si fa la spesa o durante lo shopping”.

L’accordo in questione ha comprensibilmente un enorme potenziale, considerate infatti che i punti vendita interessati sono 15.600 e che il numero di parcheggi può oscillare da qualche centinaio fino a 3000 posti per le strutture più grandi. Questo si traduce in un potenziale di oltre 500.00 posteggi disponibili, secondo gli interessati le colonnine “permetteranno di creare una rete che soddisferà le esigenze di ciascun cliente e daranno un ulteriore impulso alla crescita dell’eMobility il tutto il Paese”.

Federico Caleno, responsabile della divisione mobilità elettrica Italia di Enel, ha dichiarato: “Attraverso l’accordo con Federdistribuzione puntiamo ad ampliare ulteriormente nei prossimi anni la nostra rete che conta più di 14.000 punti di ricarica su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una partnership strategica che permetterà alle persone di sfruttare al massimo i benefici della mobilità elettrica, ad esempio ricaricando il veicolo nei parcheggi di tutte le attività che fanno parte della rete di Federdistribuzione diffusi su tutto il territorio”. Da parte di Federdistribuzione, attraverso il suo presidente Alberto Frausin, si commenta che: “Pensiamo che la mobilità sostenibile sarà davvero una realtà quando entrerà nella quotidianità delle persone. 60 milioni di clienti, nonché cittadini, che entrano ogni settimana nei nostri punti vendita potranno contare sempre più nella disponibilità di punti di ricarica, fondamentali per contribuire a questa grande transizione verso i veicoli elettrici. Grazie alla tecnologia di Enel e alla nostra rete di negozi, possiamo puntare alla creazione di una vera e propria dorsale di stazioni di ricarica lungo tutta la Penisola”.

A2A aumenta il suo impegno sulle colonnine di ricarica con nuovi investimenti

A2A, multi utility italiana operante nel settore energetico, ha stilato il nuovo piano industriale che vede come obbiettivo principale il totale azzeramento delle emissioni dirette e indirette entro il 2040 (con 10 anni di anticipo rispetto ai piani mondiali). Per ottenere questo risultato, con il piano industriale 2021-2030, vengono investiti 18 miliardi di euro per la transizione, 2 miliardi di euro in più rispetto al piano precedente, 7 dei quali destinati all’Economia Circolare e 11 per la Transizione Energetica.

A2A comunica di aver quadruplicato l’installazione di infrastrutture previste dal Piano precedente, lo scopo è quello di implementare 24.000 punti di ricarica entro il decennio comprendenti sia colonnine a bassa potenza in corrente alternata (fino a 7 kW) che stazioni fast in corrente continua (da oltre 50 kW). L’idea è quella di venire incontro a tutte le esigenze, permettendo una ricarica lenta ad esempio nelle ore notturne ma anche una ricarica rapida, mirando ad un market share in Italia del 15-20%.

L’azienda però non guarda solo all’elettrico, vuole infatti concentrarsi anche su “quei segmenti di mobilità la cui evoluzione non è prevista verso l’elettrico”. Per quanto riguarda idrogeno e Gnl, l’amministratore delegato Renato Mazzoncini, spiega che “il gruppo ha in programma di sviluppare infatti oltre 60 impianti di biometano di cui almeno 5 con liquefazione per ottenere bio-GNL, mentre per la produzione di idrogeno si potranno sfruttare fonti di energia prodotta continuativamente come quella dei termovalorizzatori, con un modello di business decentralizzato basato su ecosistemi locali al servizio dell’industria e del trasporto pesante”. Al fine di supportare il nuovo piano è stato acquisito un portafoglio di impianti di generazione da fonti rinnovabili, in modo che la società possa “ampliare ulteriormente la presenza in Italia e stabilire nuovi e ancora più ambiziosi target di business”.

Potrebbe interessarti anche: Continental vuole rivoluzionare la ricarica delle auto elettriche con un robot

I nostri contenuti da non perdere: