Il tema delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia continua a tenere banco in queste ore. In particolare, c’è una notizia che sembra destinata a preoccupare molto la diplomazia, e non solo, internazionale. Quella relativa alla nascita di un sistema bancario alternativo allo SWIFT (acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications), da cui il gigante eurasiatico è stato estromesso.

A dire il vero il sistema già esiste, si chiama CIPS (Cross-Border Interbank Payment System), ed è stato sviluppato dalla Cina per le transazioni finanziarie. Sinora non se n’è parlato molto, ma con quello che sta accadendo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina il dibattito è destinato ad essere rilanciato. Proprio ad esso, infatti, potrebbe agganciarsi la Russia alla ricerca di vie d’uscita dall’embargo occidentale.

Se sino ad oggi il CIPS è rimasto abbastanza in sottordine, ben presto potrebbe trasformarsi in una notevole alternativa allo SWIFT. Anche perché alla Russia potrebbero andare ad aggiungersi altri Paesi attualmente sottoposti ad embargo da parte di Stati Uniti e alleati. Con conseguenze incalcolabili, al momento.

I rapporti commerciali tra Russia e Cina sono fiorenti

Il primo motivo che spinge ad una saldatura tra Russia e Cina è rappresentato da rapporti commerciali ormai consolidati. In particolare, la Cina rappresenta il principale partner economico di Mosca sia per quanto riguarda l’import che l’export. Un ruolo destinato a rinsaldarsi nell’immediato futuro, alla luce degli accordi energetici firmati dai due Paesi dopo lo scoppio della guerra.

Basta leggere i dati relativi al 2020 per notare come un terzo del greggio esportato dalla Russia vada a finire in Cina. A fare il viaggio inverso è un gran numero di prodotti, a partire dai dispositivi elettronici.

A favorire l’intensificarsi delle relazioni è stata proprio l’annessione russa della Crimea. Le prime sanzioni occidentali hanno spinto i due Paesi a iniziare un veloce riavvicinamento, favorito del resto dalla guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti. Le tensioni internazionali, insomma, spingono le due potenze alternative agli Stati Uniti a saldarsi sempre di più.

Il 17,5% di questo commercio viene effettuato in yuan, non essendo quindi oggetto delle sanzioni occidentali, portate avanti nelle transazioni in dollari, euro o sterline. Anche il resto, a questo punto, potrebbe seguire lo stesso andamento. Rafforzando lo yuan in un momento molto particolare, come quello caratterizzato dall’avvento della CBDC (Central Bank Digital Currency) di Pechino.

Cos’è il CIPS?

Per CIPS si intende il sistema di pagamento cinese rivolto alle banche di ogni parte del globo sotto forma di servizi di compensazione e regolamento. Lanciato nel corso del 2015 dalla Popular Bank of China (PBoC) è stato congegnato nel preciso intento di favorire le transazioni con entità cinesi direttamente in yuan da parte delle aziende bancarie interessate.

Il suo scopo principale è in pratica quello di promuovere l’internazionalizzazione dello yuan. Un intento che va molto oltre il semplice intento tecnologico, se si pensa che sono ormai molti gli analisti pronti a giurare su un cambio della guardia a livello di leadership planetaria.

Ad utilizzare il sistema sono in questo momento 1280 enti finanziari operanti in 103 paesi. Per ora il CIPS ha dimensioni limitate se paragonato alla rete SWIFT, che è utilizzata a sua volta da più di undicimila istituzioni e aziende dislocate in più di duecento paesi.

Anche da un punto di vista puramente finanziario la differenza è sin qui notevole. Secondo le stime disponibili il CIPS gestisce transazioni per 50 miliardi di dollari al giorno, contro i 400 miliardi dello SWIFT. Occorre però considerare che il secondo è nato nel 1973, in un mondo dominato dal dollaro e dagli Stati Uniti. Oggi la situazione sta rapidamente mutando.

Secondo Reuters, al momento CIPS non sarebbe una reale alternativa a SWIFT, anche perché utilizza il secondo per la messaggistica finanziaria transfrontaliera. Nulla vieta però, nell’immediato futuro l’integrazione con una propria linea di comunicazione diretta. Un atto il quale lo renderebbe completamente autonomo, con tutto quello che ciò potrebbe comportare.

Proprio a quel punto alle aziende cinesi che usano CIPS per impedire il monitoraggio statunitense potrebbero aggiungersi quelle russe e di molti altri Paesi intenzionati a sfuggire al regime sanzionatorio occidentale. Un lotto che comprende anche il Venezuela e l’Iran, solo per ricordare due Paesi molto importanti per le risorse energetiche e minerarie di cui dispongono. Cui potrebbero aggiungersene altri.

Perché la Russia potrebbe affidarsi alla Cina?

Sempre in relazione all’esclusione da SWIFT, occorre precisare che la Russia ha un suo circuito di pagamento nazionale, il MIR, attualmente utilizzato come tramite per circa il 25% di tutte le transazioni elettroniche effettuate nel Paese. Si tratta però di un sistema operante esclusivamente all’interno del Paese. Proprio da qui nasce l’idea di affidarsi alla Cina.

A questa prima considerazione, ne andrebbe però aggiunta una seconda, molto più rilevante. Collegata stavolta al varo dello yuan digitale, ovvero la CBDC cui Pechino affida il compito di andare ad incrinare il potere imperiale del dollaro. I test al riguardo procedono in maniera spedita e si prevede la sua entrata in vigore nel corso dei prossimi mesi.

Un evento visto con noncuranza dalla Casa Bianca, ma non certo dagli ambienti finanziari più avvertiti. Tanto da aver spinto al lancio di una collaborazione tra Accenture e Digital Dollar Project tesa al lancio di un dollaro digitale. Un progetto il quale, però, rischia di arrivare quando lo yuan sarà già entrato a regime. Ovvero troppo tardi.

Com’è noto, nei giorni passati si è molto discusso dell’intenzione russa di utilizzare le criptovalute per sottrarsi alle sanzioni. Con il passare delle ore l’ipotesi sembra essersi sgonfiata. È stato il CEO di Ripple, Brad Garlinghouse, a ricordare che la conversione delle criptovalute in fiat, obbliga gli exchange ad affidarsi a partner bancari. I quali potrebbero perdere le loro licenze se cercassero di sfuggire alle normative KYC (Know Your Customer) e AML (Anti Money Laundering) vigenti.

Usciti dalla crisi ucraina dalla porta principale, però, gli asset virtuali potrebbero rientrare dalla finestra. Proprio sotto forma di yuan digitale. Andiamo a vedere perché.

La Russia potrebbe rivolgersi allo yuan digitale?

Considerato come lo yuan digitale rappresenti ormai una realtà, essendo praticamente sulla rampa di lancio, la Russia potrebbe decidere di utilizzarlo al posto di Bitcoin e Altcoin per sfuggire alle sanzioni. Proprio per questo l’ipotesi di un’adesione della Russia al CIPS sembra tutt’altro che infondata, andando anzi a inserirsi in una strategia di largo respiro.

In questo caso, le sanzioni contro Mosca potrebbero rivelarsi dannose non solo per l’Unione Europea, ove già si iniziano a sentire le ripercussioni del blocco energetico di Mosca, ma anche per gli Stati Uniti. Il renminbi digitale, infatti, sta suscitando molto interesse al di fuori del gigante orientale.

In particolare in Corea del Sud, ove ogni anno si recano molti turisti cinesi. Proprio per favorirli i commercianti locali hanno preso in considerazione di adottare lo yuan digitale, come ricordato dal giornale online coreano Yonhap. Da qui potrebbe innescarsi una tendenza in tutti quei Paesi interessati da flussi turistici analoghi. In tal modo, lo yuan digitale potrebbe andare ad intaccare in maniera significativa la funzione attualmente svolta dal dollaro nei pagamenti internazionali.

Le implicazioni di quanto sta accadendo sembrano essere state colte in tutta la sua pienezza da Matteo Renzi. In un’intervista concessa a Repubblica, il leader di Italia Viva ha affermato che Putin non è pazzo. E che, soprattutto, sta cambiando la geografia del mondo, spostando il baricentro a Est. Sarà quindi immorale, ma non certo umorale, come sostenuto da molti. Ecco perché la saldatura con la Cina, utilizzando il CIPS e lo yuan digitale, non sembra ipotesi lontana dalla realtà.

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