C’era molta attesa per la votazione sul MiCA (acronimo di Markets in Crypto Assets), ovvero il provvedimento che dovrebbe fornire la nuova cornice per il settore delle criptovalute in Europa. Un’attenzione particolarmente forte nelle aziende che si occupano di innovazione finanziaria, soprattutto alla luce delle tante polemiche che ormai da mesi caratterizzano la discussione, in particolare relative al mining.

La commissione per gli affari economici del Parlamento europeo, investita dalla questione, non ha però dato indicazioni chiare sotto tale punto di vista, decidendo anzi di lasciare la patata bollente alla Commissione Europea. Una decisione che era abbastanza scontata, ma che permette agli operatori del settore di tirare un sospiro di sollievo, per il momento. Andiamo però a vedere più nel dettaglio cos’è accaduto e le possibili implicazioni future.

Per il mining di criptovaluta è tutto rimandato

La discussione che si è svolta nella commissione incaricata di esaminare tutti i provvedimenti in tema di economia e finanza interessanti l’eurozona, era attesa soprattutto per una questione di non poca importanza, ovvero quella relativa al mining di criptovalute.

Il dibattimento ha avuto come oggetto due bozze distinte, in una delle quali era contenuto un chiaro riferimento al meccanismo di consenso Proof-of-Work. Stiamo parlando dell’algoritmo di consenso su cui si basa la blockchain di Bitcoin (ma non solo) e il quale permette di approvare tutte le operazioni che avvengono all’interno della rete.

Per chi non conoscesse i termini della questione, occorre ricordare che proprio il network di BTC è accusato ormai da più parti di consumare eccessivamente. Se i dati al proposito non sono unanimi, tutti concordano sul fatto che la quantità di energia necessaria al suo funzionamento sia pari a quello consumato da un Paese di piccola-media grandezza dell’Occidente avanzato, ad esempio la Svizzera.

Un consumo molto elevato e in grado di destare grande preoccupazione per le implicazioni a livello ambientale, tanto da aver spinto di recente Svezia e Norvegia a proporre il bando al mining di criptovaluta sul suolo UE. Almeno per quanto riguarda quello riconducibile alle blockchain impostate su PoW, lasciando quindi la possibilità di operare alle aziende che utilizzano il Proof-of-Stake (PoS), considerato molto meno impegnativo da questo punto di vista.

La decisione presa dalla commissione è stata sotto questo punto di vista abbastanza pilatesca. Si è infatti deciso di bocciare la bozza più rigida, quella che prevedeva il bando al PoW, con 32 voti contrari e 24 a favore. Ma potrebbe trattarsi di una vittoria solo temporanea, per le blockchain incentrate sull’algoritmo incriminato. Andiamo a vedere perché.

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Cosa potrebbe accadere ora

Per effetto del risultato della votazione, a proseguire il suo cammino all’interno delle istituzioni UE (Parlamento Europeo, Commissione Europea e Consiglio dell’Unione Europea) sarà quindi la bozza meno rigida, quella che non contiene alcun accenno ad un eventuale divieto del mining fondato su Proof-of-Work.

Non è però detto che la questione, una volta uscita dalla porta, non possa rientrare in futuro dalla finestra. Il motivo di questa affermazione è da ricercare nel fatto che la bozza in questione impegna la Commissione Europea a presentare una proposta legislativa entro il primo giorno di gennaio del 2025, legandola però alla necessità di fare in modo che ogni attività di mining sia in grado di essere inclusa nella tassonomia della finanza sostenibile dell’Unione Europea.

Considerato che al momento ci sono molti dubbi al proposito, resta di conseguenza in piedi la possibilità che entro la data in questione il mining di criptovalute possa essere catalogato alla stregua di un’attività insostenibile da un punto di vista ambientale. Ipotesi molto probabile alla luce di una coscienza ambientale sempre più sensibile, soprattutto nell’era del movimento Fridays for Future, il quale sembra al momento una stella polare in ambito continentale.

MiCA: di cosa si tratta precisamente?

Cos’è esattamente il MiCA? Composto da 126 articoli, il Markets in Crypto Assets è il disegno di legge cui l’Unione Europea assegna il compito di fornire un quadro chiaro per quanto concerne l’innovazione finanziaria in ambito continentale. Un quadro cui dovrebbe conformarsi ogni operatore del settore una volta approvato.

Tra i tanti aspetti toccati c’è anche quello relativo alle criptovalute e alle tante questioni da esse comportate, tra le quali spiccano ambiti importantissimi come le stablecoin, il mining, la DeFi (finanza decentralizzata) e gli NFT (Non Fungible Token). Ambiti in grado di fornire opportunità agli operatori e aiutare anche dal punto di vista occupazionale, considerato lo sviluppo atteso nei prossimi anni.

Proprio questo è il motivo che spinge il settore a guardare con molta attenzione ciò che sta avvenendo a livello istituzionale, in Europa. Considerato il recente ordine esecutivo di Biden relativo a criptovalute e dollaro digitale, un disegno di legge di questo genere potrebbe rappresentare il definitivo riconoscimento per gli asset virtuali. Un epilogo non proprio scontato qualche mese fa, quando da più parti si attaccavano Bitcoin e le sue sorelle.

Il rimando relativo al Proof-of-Work deve essere considerato quindi come un piccolo intoppo che, però, potrebbe ben presto rivelarsi tale solo per il Bitcoin e gli altri progetti basati su questo algoritmo di consenso. Non a caso, infatti, Ethereum sta procedendo verso la sua sostituzione con il Proof-of-Work. Tanto da spingere alcune personalità a chiedersi se anche BTC non sia destinato ad avviarsi su questa strada.

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