Potrebbero volerci anni prima che il dollaro digitale riesca ad andare in porto: ad affermarlo è il Segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen. La dichiarazione è stata rilasciata al Kogod School of Business Center for Innovation dell’Università americana a Washington.

Le parole sono estrapolate da un discorso di ampio raggio e sembrano confermare in pieno le preoccupazioni di molti osservatori esterni, secondo i quali gli Stati Uniti avrebbero tardato troppo prima di prendere atto dell’importanza di un progetto simile. Tanto da consegnare alla Cina un vantaggio al momento incolmabile per la sua CBDC (Central Bank Digital Currency), pronta per il suo imminente debutto.

Ci vorranno anni, non mesi, secondo l’ex presidente della Federal Reserve

Non posso ancora dire a quali conclusioni arriveremo, ma dobbiamo essere chiari sul fatto che l’emissione di una CBDC rappresenterebbe probabilmente una grande sfida di progettazione e ingegneria che richiederebbe anni di sviluppo, non mesi.

Le parole che sono rilasciate nell’occasione dall’ex numero uno della Fed non sembrano lasciare molti dubbi. Se il subitaneo entusiasmo sollevato dall’ordine esecutivo con cui Biden aveva proclamato la necessità strategica di criptovalute e dollaro digitale aveva percorso gli ambienti crypto, non pochi osservatori avevano ricordato che nel frattempo gli Stati Uniti hanno accumulato un grande svantaggio nei confronti della Cina.

Timori che sono quindi stati ampiamente confermati dalle parole di Janet Yellen, secondo la quale prima di poter passare alla fase operativa del progetto, sarà necessario valutare al meglio le implicazioni. Il riferimento è non soltanto alle possibili interazioni della CBDC statunitense con le altre che stanno ormai arrivando sulla scena internazionale e con le stablecoins, ma anche alla presenza di una criminalità finanziaria sempre più forte e alle necessità di preservare un valore come la riservatezza.

A supporto delle preoccupazioni sulle stablecoins, il Segretario al Tesoro ha portato l’esempio di Iron Finance nel corso dell’anno passato, quando il suo token TITAN ha dato vita ad una discesa di prezzo talmente pronunciata da fargli perdere l’ancoraggio al dollaro statunitense.

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I regolatori devono perseguire la neutralità, ma solo dal punto di vista tecnologico

Il discorso della Yellen ha anche affrontato un altro tema caldo, quello relativo alla regolamentazione delle risorse digitali, che secondo lei dovrebbe basata non sulle tecnologie specifiche, bensì sui rischi connessi alle attività. Ne conseguirebbe la neutralità dal punto di vista tecnologico, ma non in relazione ad aspetti come la protezione dei consumatori, l’evasione fiscale, le implicazioni in termini di sicurezza nazionale o attività criminali.

Un principio che dovrebbe sempre essere applicato quando si affronta un tema come quello collegato alle attività finanziarie, indipendentemente dal fatto che le stesse siano archiviate in un libro mastro distribuito (la blockchain) o in un bilancio. Una risposta da interpretare alla luce delle richieste provenienti da alcuni settori secondo i quali il governo dovrebbe fare un passo indietro e lasciare che l’innovazione faccia il suo corso.

Un discorso abbastanza assurdo, considerato il gran numero di truffe che hanno avuto luogo in ogni parte del mondo nel corso dell’ultimo anno. Basta in effetti dare uno sguardo al rapporto di Chainalysis su quanto accaduto nel corso dell’ultimo anno per capirlo.

Secondo l’azienda che si occupa di sicurezza informatica, nel 2021 ammonterebbero addirittura a 14 miliardi i dollari entrati nei portafogli legati ad attività criminali, quasi il doppio rispetto ai 7,8 miliardi del 2020.

Se in termini percentuali si parla di un passo indietro è soltanto perché nello stesso arco temporale il mercato delle criptovalute è aumentato in maniera vertiginosa, come dimostrato dai 15.800 miliardi scambiati in Bitcoin, con un aumento delle transazioni pari al 567% rispetto ai dodici mesi precedenti.

Un trend sempre più preoccupante, tale da spingere quindi le autorità finanziarie e politiche a muoversi coi piedi di piombo, in modo da non lasciare varchi troppo estesi attraverso i quali potrebbero entrare tutti coloro che guardano agli asset virtuali come una grande occasione per raggirare milioni di consumatori.

Un ritardo preoccupante

Naturalmente, le parole rilasciate dalla Yellen hanno sollevato non poche preoccupazioni, soprattutto in considerazione di una accelerazione sempre più forte della situazione internazionale. Gli asset virtuali, infatti, hanno conquistato un ruolo sempre più centrale nel conflitto in atto tra Russia e Ucraina, con entrambe le parti impegnate a sfruttarli. Kiev usa le criptovalute per sostenere il proprio sforzo bellico, Mosca per sfuggire alle sanzioni.

Nel frattempo, però, la Cina prosegue a grandi passi verso l’atteso debutto dello yuan digitale. Un esordio il quale, secondo molti, metterebbe ampiamente a repentaglio il potere imperiale del dollaro, sul quale si fonda in buona sostanza la leadership globale di Washington.

La stessa Cina, inoltre, sta traendo grandi vantaggi dalla guerra. Non solo calamitando a proprio vantaggio il gas e le altre risorse sanzionate dagli occidentali a costi vantaggiosissimi, ma anche incrinando il sistema di relazioni degli Stati Uniti.

Basti pensare in tal senso alla decisione del governo russo di agganciarsi al sistema cinese dopo l’espulsione delle sue banche dallo SWIFT (“Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication”), la quale potrebbe essere seguita da molti altri istituti dei Paesi emergenti.

Proprio per questo motivo, dopo il primo entusiasmo in molti iniziano a chiedersi se l’ordine esecutivo di Biden non sia arrivato quando le vacche avevano già lasciato la stalla. Una preoccupazione che le parole della Yellen sembra rendere ancora più palpabile.

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