Mentre in molte parti del globo Bitcoin e Altcoin sono al centro della discussione ormai da tempo, anche in Italia inizia a montare la discussione sulle criptovalute. Dopo l’arrivo dell’obbligo di iscrizione all’OAM (Organismo Agenti e Mediatori ) e la presentazione in Parlamento di un disegno di legge relativo alla tassazione degli asset virtuali, ora è Paolo Savona, presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) a scendere in campo.

L’economista cagliaritano, più volte ministro a cavallo del nuovo millennio, ha infatti parlato lungamente del tema nel corso del Festival dell’Economia di Trento, intervistato da Marina Brogi, docente di economia dell’Università La Sapienza di Roma. Per poi rilasciare un’intervista a Radio 24 la quale sembra dimostrare un punto di vista estremamente critico da parte sua verso l’innovazione finanziaria. Andiamo quindi ad analizzare nel dettaglio le dichiarazioni, per capirne le possibili implicazioni.

Le parole di Paolo Savona sulle criptovalute

Monete false su cui si sono accese smodate aspettative: questa la premessa di Savona sulle criptovalute. Secondo il presidente della CONSOB, sinché sono le persone facoltose a rivolgersi al trading di crypto-asset non si pongono eccessivi problemi, che invece diventano seri se a farlo sono coloro che non rientrano in questa categoria e rischiano di rovinarsi definitivamente. Il tutto nonostante i continui avvertimenti che non solo la CONSOB e la Banca d’Italia, ma anche le autorità internazionali hanno ripetuto nel corso degli ultimi anni.

La ratio che ispira questo giudizio sembra chiaro e anche condivisibile: la tenuta sociale potrebbe essere posta seriamente in pericolo da crolli o truffe in cui venissero implicate le cryprocurrencies e questa eventualità deve essere tenuta nel debito conto dalle autorità di sorveglianza.

Proprio alla luce del fatto che i tanti avvertimenti da parte istituzionale non riescono a porre un argine ai pericoli, secondo Savona è ora di passare a comportamenti più incisivi, ovvero alla definizione del concetto di moneta, rispondendo in particolare al quesito sulla possibilità che ne esistano anche di private, con tutte le implicazioni che esse si portano dietro.

Il suo giudizio, nell’immediato, è che comunque la moneta deve restare in mano pubblica e nella giurisdizione della banca centrale, soprattutto in considerazione del fatto che quella privata rappresenta un enorme causa di disturbo per la politica di settore.

Nel corso della discussione, peraltro, il numero uno dell’ente di vigilanza ha rilasciato anche un commento relativo alla recente operazione immobiliare intrapresa da un noto regista pubblicitario, il quale ha messo in vendita la sua abitazione accettando anche il pagamento del controvalore in Bitcoin o Ethereum. Una decisione la quale pone problemi in particolare al notaio incaricato di redigere l’atto quando arriverà il momento, alla luce di una normativa precisa in merito.

La valuta unica digitale è solo un bel sogno

Anche il tema della valuta unica digitale, lanciata dall’economista Rainer Masera, è stato quindi affrontato nel corso del dibattito da Savona, il quale ha affermato che si tratta in effetti di una bella idea, purtroppo irrealizzabile. La realtà, secondo lui, è che si arriverà alle CBDC (Central Bank Digital Currency) delle maggiori potenze, in competizione tra di loro.

Per quanto riguarda l’euro virtuale, però, occorre correre, un appello rivolto in particolare alla Banca Centrale Europea (BCE), ove si parla di anni per una risposta su quale ne sarà l’assetto istituzionale. Anni che però, alla luce dell’accelerazione che è stata impressa dal governo di Pechino al suo yuan digitale, non ci sono.

Paolo Savona ha poi aggiunto che il tentativo di regolamentare in maniera tradizionale le criptovalute, anche delle banche centrali, potrebbe infine generare una serie di questioni molto delicate. A partire da quella legata all’assetto della Vigilanza. Senza contare che il conio di un vero euro digitale andrebbe a togliere ai depositi bancari la loro natura di moneta, facendoli uscire dalla formazione della base monetaria. In tal modo le banche entrerebbero nel circuito finanziario provocando una “mini rivoluzione istituzionale per le attività di vigilanza”.

Criptovalute, la pubblicità è distorsiva

Anche la questione relativa alla pubblicità delle criptovalute è stata poi affrontata dal presidente della CONSOB, il quale ha affermato senza mezzi termini come essa sia distorsiva. Il tema è al momento oggetto di dibattimento tra le autorità di vigilanza in sede ESMA (European Securities and Markets Authority) e in tempi brevi potrebbe arrivare un’indicazione operativa a breve.

A motivare il severo giudizio di Savona è in particolare il fatto che nelle iniziative promozionali il Bitcoin e gli altri asset digitali sono presentati alla stregua di monete auree. Si tratterebbe in pratica di una vera e propria pubblicità subliminale, tale da cercare di spingere gli interessati a pensare che le cripto rappresentino l’oro del futuro.

Una ulteriore ciliegina su una torta la quale rischia in definitiva di andare di traverso ai sostenitori delle criptovalute, soprattutto se si mixano i pareri in questione con la recente lettera inviata da 26 esperti di informatica al Congresso degli Stati Uniti. Una missiva in cui i mittenti affermano senza mezzi termini che occorre approcciarsi al tema dell’innovazione finanziaria con lenti critiche venute a mancare nel corso degli ultimi anni.

Se, insomma, dopo l’ordine esecutivo di Joe Biden sull’innovazione finanziaria sembrava che per gli asset virtuali la strada verso l’accettazione istituzionale fosse praticamente stata sgombrata dagli ostacoli, iniziano ad arrivare segnali i quali sembrano andare nella direzione esattamente contraria. Resta naturalmente da capire se la revisione delle opinioni in corso non dipenda dal recente crollo di Terra (LUNA), la stablecoin che ha letteralmente polverizzato miliardi di dollari e rovinato una miriade di trader al dettaglio.

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