L’euro digitale ha completato la sua prima fase e si appresta ad entrare nella seconda. A rilasciare dichiarazioni in merito è stato il numero uno della Banque de France, François Villeroy de Galhau, nel corso del Forum internazionale della Finanza, all’Europlace di Parigi, in cui si è discusso anche della regolamentazione europea in tema di criptovalute che è stata condotta sotto la guida transalpina, portando al varo in particolare del Transfer Fund Regulation (Travel Rule) e del Markets in Crypto Assets (MiCA).
Villeroy de Galhau ha anche sottolineato il suo beneplacito per la massima intermediazione nella fase di progettazione, derivante dal fatto che gli istituti bancari sono in possesso di una esperienza maggiore rispetto alle banche centrali in materia di relazioni con i clienti e di misure Know Your Customer (KYC) e Anti-Money Laundering (AML).
Occorre però precisare che l’euro digitale di cui parla Villeroy de Galhau non è pensato per essere utilizzato dai cittadini nella vita di ogni giorno, bensì come una sorta di moneta virtuale all’ingrosso, la cui utilizzazione potrebbe essere limitata alla gestione delle transazioni di denaro tra banche ed istituti finanziari, la quale prevede operazioni tali da richiedere tempo e contrassegnate da un notevole grado di complessità.
Indice:
Euro digitale: di cosa si tratta in questo caso
Quella che è stata progettata dalla Banque de France è una digital ledger technology proprietaria, denominata DL3S. Ad essa si è accompagnata la realizzazione di una piattaforma automatizzata di market maker basata su un modello di finanza decentralizzata, all’interno della quale cui potrebbero essere eseguiti i regolamenti di più CBDC (Central Bank Digital Currency). Questa DLT è destinata non a sostituire l’infrastruttura tradizionale, bensì a integrarla.
In pratica, la struttura alla base dell’esperimento non sarebbe decentralizzata, a differenza di quelle che fanno da rete per le criptovalute come il Bitcoin. Se, infatti, le blockchain sono DLT, non tutti i registri distribuiti sono blockchain. Nel caso della DLT dell’euro digitale, il registro non necessariamente è costituito da una catena di blocchi e non richiede enormi sforzi computazionali al fine di convalidare le transazioni.
Il progetto Hamilton
Occorre anche ricordare che il tema della infrastruttura digitale da utilizzare per l’euro virtuale è molto importante. La blockchain, infatti, al momento è in grado di processare un numero di transazioni pari allo 0,2% di quelle che permette Visa, usando un quantitativo di energia pari al fabbisogno della Finlandia. In pratica, consente di portare a termine poche transazioni e ad un costo non solo finanziario, ma anche ambientale, elevato.
Proprio per questo motivo si stanno portando avanti vari esperimenti in tal senso. A partire dalla soluzione che è attualmente allo studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, nota come progetto Hamilton, un sistema di elaborazione delle transazioni modulare ed estensibile, implementato in due architetture distinte: la prima utilizza infatti un singolo server per processare in maniera lineare le transazioni, una dopo l’altra, mentre la seconda le conduce in parallelo su più macchine, senza dare vita ad una cronologia unica e ordinata di tutte le operazioni.
Se questo sistema elabora i pagamenti degli utenti che si autenticano tramite firma crittografica digitale memorizzata nei loro wallet, come avviene nel caso del Bitcoin, una caratteristica fondamentale del progetto Hamilton è però rappresentato dalla velocità: i test effettuati sull’architettura che porta avanti le transazioni in parallelo hanno evidenziato una capacità di processare 1,7 milioni di transazioni al secondo richiedendone meno di uno di attesa per il 99% di esse, attestandosi a meno di 0,5 secondi per circa la metà del totale.
Anche dal punto di vista della sicurezza il sistema del MIT è in grado di offrire il massimo di garanzie, non lasciando spazio al fenomeno del “double spending”, ovvero del doppio impiego di uno stesso token in due transazioni contemporanee. Se ogni transazione è definitiva una volta accettata e non può essere annullata, gli identificativi (ID) delle operazioni non si ripetono mai, quindi le firme elettroniche non possono essere riutilizzate una volta che la transazione è stata accettata.
L’audizione di Fabio Panetta al Parlamento europeo
Sul tema dell’euro digitale si è espresso nel mese passato anche Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europa (BCE), nel corso di una audizione presso la Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.
Durante l’audizione, Panetta ha affermato che una CBDC europea sarebbe in grado di offrire notevoli benefici in termini di scalabilità, liquidità e sicurezza, favorendo l’attrattiva dell’euro a livello internazionale. Inoltre sarebbe in grado di facilitare i pagamenti transfrontalieri, accrescendo il ruolo della moneta unica europea in termini di unità di pagamento globale.
Ha poi aggiunto che in un contesto come l’attuale, non emettere un euro digitale potrebbe infine minare il ruolo internazionale della moneta unica e creare una serie di rischi aggiuntivi per la sovranità continentale. Se non si tratta in questo caso di uno scenario imminente, la sua materializzazione futura potrebbe essere una realtà, se le istituzioni monetarie continentali non dovessero iniziare ad agire immediatamente.
Infine, secondo Panetta, le analisi preliminari condotte dalla BCE evidenziano come il mantenimento del totale delle disponibilità in euro digitali in una forchetta compresa tra 1 trilione (1,04 trilioni di dollari) e 1,5 trilioni di euro (1,56 trilioni di dollari) porrebbe le basi per evitare effetti negativi sul sistema finanziario e sulla politica monetaria dell’Unione Europea.
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