Anche la finanza alternativa è terreno di caccia per i truffatori informatici. Basta in effetti leggere lo studio pubblicato nella giornata di lunedì dal Federal Bureau of Investigation (FBI) degli Stati Uniti per averne l’ennesima conferma.

Il documento pubblicato dall’agenzia federale afferma infatti che le false app di criptovalute hanno tratto in inganno 244 investitori, causando perdite pari a 42,7 milioni di dollari. Un bottino notevole, facilitato come al solito dalla scarsa avvedutezza di coloro che troppo spesso sono propensi a credere di poter trarre facile profitto in un campo che è al contrario minato per la grande maggioranza dei risparmiatori.

Anche l’FBI, naturalmente in coda al suo documento provvede a mettere in guardia gli investitori statunitensi ricordando che quello delle false app crypto che si spacciano per istituti finanziari o società di investimento utilizzando loghi o nomi noti è un fenomeno che può essere sconfitto con semplici accorgimenti e un minimo di buon senso. Proprio il secondo, però, troppo spesso viene a mancare di fronte ad allettanti prospettive di guadagno. I truffatori lo sanno benissimo e proprio promettendo larghi introiti riescono a far abbassare le difese alle controparti più ingenue.

Il rapporto dell’FBI sulle false app di criptovalute

“L’FBI ha osservato criminali informatici contattare investitori statunitensi, affermando di offrire servizi di investimento in criptovalute legittimi e convincendo gli investitori a scaricare app mobili fraudolente, che i criminali informatici hanno utilizzato con successo crescente nel tempo per frodare gli investitori”: inizia in questo modo il rapporto Cyber Criminals Create Fraudulent Cryptocurrency Investment Applications to Defraud US Investors pubblicato dall’agenzia investigativa federale.

Il rapporto elenca alcuni casi che hanno visto i truffatori utilizzare uno schema comune, presentandosi come una società effettivamente operante nel settore del trading di asset virtuali e convincendo gli aspiranti investitori a depositare i token acquistati, per poi naturalmente sparire con il bottino.

In particolare il documento elenca due casi ben precisi, ovvero:

  • la società di investimenti Yibit, che è riuscita a truffare alcuni utenti per complessivi 5,5 milioni di dollari spingendoli a scaricare la propria app ufficiale e a depositare nel wallet contenuto al suo interno le criptovalute possedute. Già a quel punto la truffa è andata in porto, anche se in un secondo momento i criminali informatici provvedono a inviare una comunicazione di posta elettronica in cui si avvertono i malcapitati che è necessario pagare le imposte dovute sugli investimenti, al fine di rientrare in possesso dei beni depositati;
  • Supayos, altra società di investimenti i cui emissari hanno spinto due clienti a scaricare l’app Supay e a depositare i propri asset virtuali al suo interno, per poi procedere alla sottrazione.
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Le false app di criptovalute prosperano sul successo dei servizi bancari digitali

Paradossalmente, i criminali informatici che mettono in atto questi piani tesi a raggirare gli investitori, possono contare sul fatto che i servizi bancari digitali sono sempre più diffusi negli Stati Uniti. In un novero così vasto di utenti è molto più facile trovare centinaia di persone le quali continuano a ignorare elementari regole di sicurezza e buon senso. Un comportamento incauto, tale da aprire una vera e propria falla in cui i criminali sono in grado di inserirsi agevolmente.

In base ad un rapporto sulla propensione a utilizzare servizi bancari digitali condotto da Chase, la banca commerciale di JPMorgan, risalente al 2021, più del 99% della generazione Z e più del 98% dei millenials utilizza servizi bancari digitali preferendoli alle lunghe code le quali caratterizzano invece gli sportelli tradizionali delle filiali territoriali.

Se questo dato non provoca eccessiva sorpresa, lo fa invece quello relativo ai cosiddetti boomer, ovvero le persone che sono nate tra il 1946 e il 1964, ove la percentuale degli utenti a questo genere di servizi e cresciuta in maniera impetuosa, sino a sfiorare il 70%. Di fronte a statistiche di questo genere non stupisce eccessivamente il fatto che la diffusione dei crimini informatici bancari sia diventata ormai una questione di grande rilievo.

False app di criptovalute: i consigli dell’FBI

Proprio in considerazione della crescita di un fenomeno così preoccupante, lo stesso Federal Bureau of Investigation ha deciso di scendere in campo non solo studiando il fenomeno, ma anche approntando una lista di consigli a vantaggio di istituzioni finanziarie e investitori.

In particolare, l’FBI raccomanda nel caso delle prime:

  • di avvisare in modo proattivo la propria clientela sui pericoli connessi a questa attività fornendo informazioni sui passaggi che i clienti possono eseguire per non correre rischi;
  • di informare i clienti nel caso in cui l’istituto finanziario offra servizi di investimento in criptovaluta o altri metodi correlati in modo da aiutarli ad identificare le comunicazioni legittime dell’ente, scartando le altre;
  • di informarli sull’esistenza o meno di una app di investimenti crypto operante per conto dell’istituto;
  • di effettuare periodicamente ricerche sul web in maniera tale da poter appurare se il nome, il logo o altro elemento distintivo dell’azienda sia utilizzato nell’ambito di attività fraudolente o comunque non autorizzate.

Per quanto riguarda invece gli investitori, i consigli dell’agenzia sono i seguenti:

  • prestare la massima attenzione verso le richieste indesiderate di scaricare applicazioni di investimento, in particolare da persone che non sono state incontrato personalmente o di cui non sia stato possibile procedere ad una verifica dell’identità. Oltre ad adottare misure tese alla verifica dell’identità di un individuo prima di fornirgli informazioni personali o accettare informazioni relative a possibili investimenti;
  • verificare la legittimità di un’app prima di scaricarla, in particolare appurando la reale esistenza dell’azienda che la offre, se l’azienda o l’app vanti un sito Web e vagliando eventuali informative o documenti finanziari prodotti;
  • adottare un atteggiamento di prudenza nei confronti di app contrassegnate da funzionalità limitate oppure interrotte.

Occorre ricordare ancora una volta come continuare a evidenziare comportamenti non improntati al buon senso come quelli consigliati dall’FBI sia in grado di aprire la strada a perdite finanziarie estese, come quelle elencate nel rapporto appena pubblicato dall’agenzia. Purtroppo, proprio sull’imprudenza della controparte continuano a fare affidamento i criminali informatici, con ottimi risultati.

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