Sino a qualche giorno fa nel nostro Paese si seguivano le indiscrezioni provenienti dagli Stati Uniti e relative al crac di aziende impegnate nel settore delle criptovalute con curiosità, ma senza eccessive preoccupazioni. C’era grande sicurezza che da noi non fossero possibili vicende di questa portata, soprattutto in mancanza di realtà in grado di movimentare importi come quelli di Terra o Celsius.

Ora, però, non è più così e anche l’Italia sembra dover fare i conti con un fenomeno sempre più frequente, ovvero il fallimento di aziende in cui una miriade di investitori aveva depositato i propri soldi sperando in remunerazioni di grande rilievo.

A concretizzare lo spauracchio rappresentato dal blocco dei conti è stata New Financial Technology, società di Silea che nella giornata di venerdì della passata settimana ha comunicato alla propria clientela il provvedimento, causato da “problematiche non previste”, facendo balzare agli onori delle cronache un piccolo centro dell’hinterland trevigiano di cui pochi conoscevano l’esistenza.

La comunicazione degli amministratori, i quali avevano affermato nella documentazione rivolta al pubblico che i soldi erano non solo al sicuro, ma anche garantiti, ha naturalmente spinto organi di stampa e osservatori a parlare di truffa, anche se ancora sembra presto per poter etichettare in tali termini la vicenda della New Financial Technology. La preoccupazione continua però a crescere, anche in considerazione dell’entità delle perdite, stimate nell’ordine delle centinaia di milioni di euro.

New Financial Technology: cosa sta accadendo

L’azienda di Silea si era presentata sul mercato promettendo interessi del 10% mese dopo mese. Un rendimento il quale, nell’epoca degli interessi praticamente azzerati offerti dai conti correnti bancari, non poteva che attirare molti piccoli investitori alla perenne ricerca di asset in grado di garantire interessi di rilievo e che per questo sono disposti a correre anche rischi aggiuntivi. Per poter aderire l’investimento minimo ammontava a 10mila euro, ma in alcuni casi i clienti avevano pensato bene di rilanciare, versandone anche 100mila.

Stavolta, purtroppo, il rischio sembra però essersi rivelato eccessivo. Se l’azienda ha pagato per mesi gli interessi promessi all’atto della sottoscrizione dei contratti, dalla passata settimana ha provveduto al blocco dei conti. Un modus operandi che somiglia sin troppo all’ormai famigerato schema Ponzi ideato da un nostro connazionale all’inizio del passato secolo. Charles Ponzi, infatti, nel congegnare la sua truffa aveva previsto l’utilizzo di un’esca, la promessa di grandi rendimenti, confidando sul fatto che ad essa avrebbero abboccato in molti. Il continuo afflusso di nuovi clienti, pronti ad apportare nuove risorse avrebbe garantito la prosecuzione del raggiro, assicurando il pagamento degli interessi a favore dei primi iscritti.

Sembra in effetti un congegno perfetto. Poi, però, ad un certo momento i nuovi arrivi calano o cessano del tutto e, di conseguenza, diventa impossibile il rispetto degli impegni. Naturalmente chi ha ideato la truffa, nel frattempo, avrà avuto l’accortezza di scappare con il bottino e far perdere le proprie tracce.

Lo schema in questione è stato ad esempio utilizzato da Ruja Ignatova, la cosiddetta Cryptoqueen della truffa OneCoin, permettendo alla sua ideatrice di rastrellare circa quattro miliardi di dollari. Il suo modus operandi è ormai ben noto a molte persone, ma ciò non impedisce il ciclico ripetersi di eventi simili. La speranza è ora che nel caso dell’azienda di Silea non si tratti di uno schema Ponzi. Una speranza la quale rischia però di restare tale.

Cosa potrebbe accadere ora

Purtroppo, di solito il blocco dei conti prelude alla fine dell’avventura. Gli investimenti come quello prospettato da New Financial Technology sono notoriamente a rischio, una caratteristica la quale sin troppo spesso viene sottovalutata da chi vuole far lievitare il proprio capitale. Naturalmente chi è rimasto coinvolto nel crac può adire le vie legali, ma la soluzione della vicenda rischia di procrastinarsi per anni, come insegna il caso di Mt. Gox.

Ci sono peraltro da considerare alcune cose che sembrano fatte apposta per aumentare il panico delle persone che avevano aderito alla proposta: due dei tre amministratori sono in questo momento irreperibili a Dubai, secondo i loro legali, e la sede è a Londra, con diramazioni commerciali in Svezia e la stessa Dubai. Ancora più preoccupante è però il fatto che New Financial Technology non risulta nell’elenco di operatori finanziari autorizzati dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB).

Se il terzo amministratore, l’unico reperibile al momento, promette la restituzione dei soldi, purtroppo la sensazione è che si tratti di semplice un pro forma difficilmente realizzabile. A rendere ancora più critico il quadro ha peraltro contribuito l’affermazione del Movimento difesa del cittadino di Treviso, il quale è stato subissato di segnalazioni, nel corso degli ultimi giorni, oltre 400. L’associazione, infatti, non ha esitato a parlare di schema Ponzi, acuendo le preoccupazioni degli investitori. Non resta quindi che aspettare gli sviluppi di una vicenda che rischia di rovinare un gran numero di persone.

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