Voyager Digital è una delle tante aziende che sono rimaste travolte dal crypto winter in atto e dal suo acuirsi dopo il crac di Terra (LUNA). Dopo aver messo in mora Three Arrows Capital (3AC), causa il mancato pagamento di una rata di rimborso del prestito da 350 milioni di dollari concesso, facilitandone quindi il fallimento, la stessa azienda di prestiti in criptovalute è entrata in una spirale di difficoltà dalle quali non è più riuscita a riemergere. Ha quindi chiesto l’inclusione nel Chapter 11, la norma che negli Stati Uniti regola il fallimento delle aziende e consente loro di ristrutturare il debito dopo un grave dissesto finanziario.

Nella vicenda che ne è scaturita, l’ultimo atto suona abbastanza sorprendente. Il giudice fallimentare, Michael E. Wiles, ha infatti fornito il suo benestare al pagamento da parte di Voyager Digital di una serie di ricchi bonus ai propri dipendenti chiave, per evitare che possano scappare verso altre destinazioni, rendendo in tal modo più difficile una ripresa. La cifra stanziata per l’occasione è di 1,6 milioni di dollari e ha spinto alla protesta i creditori dell’azienda, ovvero coloro che hanno perso i propri soldi nel crac di luglio.

La decisione suona in effetti come una beffa e proprio per evitarla i creditori di Voyager avevano fatto opposizione al piano teso alla conservazione dei dipendenti chiave (KERP) che era stato presentato dall’azienda al tribunale il passato 2 di agosto. Opposizione la quale, però, è stata rigettata nell’aula di tribunale.

Voyager, una decisione abbastanza sorprendente

La decisione assunta dal giudice fallimentare per l’occasione suona in effetti abbastanza sorprendente. Se è vero che Voyager ha sostenuto che i 38 beneficiari dei bonus sono figure chiave impossibili da sostituire, in quanto depositari di competenze eccezionali in tema di criptovalute, la realtà sembra decisamente diversa. Soprattutto alla luce di una situazione che vede arrivare ogni giorno notizie di licenziamenti di lavoratori da parte di altre aziende operanti nell’innovazione finanziaria. La possibilità di sostituire gli eventuali dimissionari, insomma, c’è tutta. Inoltre, al momento, soltanto 12 dei circa 350 dipendenti dell’azienda fallita hanno presentato le proprie dimissioni volontarie.

Secondo i creditori, inoltre, non esistono prove che i 38 in questione abbiano realmente intenzione di dimettersi, compromettendo in tal modo le possibilità di ripresa di Voyager. O, perlomeno, l’azienda non ha fornito alcuna prova in grado di giustificare una asserzione di questo genere. Anzi, il CEO di Voyager, Steven Ehrlich, ha chiesto in una deposizione del 12 agosto che le informazioni personali relative ai 38 dipendenti e ai bonus proposti non fossero rese pubbliche. La motivazione alla base della richiesta era che si tratta di informazioni non pubbliche, personali e/o sensibili. Una richiesta cassata però una settimana dopo dall’Ufficio del Trustee degli Stati Uniti, in quanto i dati erano reputati necessari alle parti interessate al fine di valutare  mozione.

Le motivazioni addotte dai debitori a sostegno della richiesta di non concedere i bonus sono però state rigettate per buona parte da Wiles, il quale ha soltanto diminuito l’importo complessivo dei bonus, portandolo da 1,9 a 1,6 milioni di dollari. Una ben magra consolazione per i creditori di Voyager. I clienti che avevano depositato le proprie criptovalute sulla piattaforma devono ancora recuperare i loro fondi, mentre molto meglio è andata a quelli che avevano depositato denaro contante, i quali hanno riavuto indietro sinora poco meno di 220 milioni di dollari, ovvero l’80% del totale.

La speranza è naturalmente che Voyager possa riprendere prima o poi il suo cammino e saldare le pendenze nei confronti della clientela. Anche nel caso in cui dovesse riuscirci, però, difficilmente tutto potrà tornare come prima del crollo, soprattutto se decisioni controverse come quella relativa al bonus per i dipendenti chiave dovessero continuare a minare quel poco di fiducia rimasto tra i creditori.

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