Si parla sempre più spesso di adozione di massa delle criptovalute, che però procede con ritmi diversi in gran parte del globo. Proprio questa diffusione a differenti velocità ha quindi spinto gli analisti di Chainalysis ad esaminare la questione con la pubblicazione del Global Crypto Adoption Index, arrivato ormai alla terza edizione. Una pubblicazione la quale fornisce alcune sorprese di non poco conto, a partire dal Paese che vanta l’utilizzo di denaro virtuale più intenso in assoluto, ovvero il Vietnam.

A completare il podio, sono poi le Filippine e l’Ucraina. Per quest’ultimo, in particolare, a dare vita ad un vero e proprio salto in termini di utilizzo degli asset virtuali è stato lo scoppio del conflitto con la Russia, che è stato affrontato anche dando luogo ad un nuovo modo di movimentare risorse, fondato sulle tecnologie informatiche e sulla crittografia. Un dato di fatto riguardante anche la Russia, ove pure il governo centrale sembra procedere con un atteggiamento ondivago verso le crypto private, spinto a farlo dalla volontà di puntare tutto sul rublo di Stato.

Il rapporto fornisce comunque molti elementi di interesse, in un momento in cui la situazione del settore è molto critica, con un crypto winter prolungato e l’effetto domino creato dal crac di Terra (LUNA), cui ha fatto seguito quello di molte altre aziende di rilievo, con la distruzione di volumi molto consistenti di risorse degli investitori di ogni parte del globo.

I risultati dello studio di Chainalysis

Lo studio condotto da Chainalysis è stato comunque incentrato sul numero di persone che sono solite investire la maggior parte delle proprie risorse in Bitcoin o Altcoin, ovvero soggetti individuali e non professionisti. La Top 20, suddivisa tenendo conto delle categorie definite dalla Banca Mondiale, risulta composta in questo modo:

  • reddito medio-basso: Vietnam (1), Filippine (2), Ucraina (3), India (4), Pakistan (6), Nigeria (11), Marocco (14), Nepal (16), Kenya (19) e Indonesia (20);
  • reddito medio-alto: Brasile (7), Thailandia (8), Russia (9), Cina (10), Turchia (12), Argentina (13), Colombia (15) ed Ecuador (18);
  • reddito altro: Stati Uniti (5) e Regno Unito (17).

I Paesi che fanno riferimento alle prime due categorie, reddito medio-basso e medio-alto, sono quelli che di solito utilizzano gli asset virtuali al fine di inviare rimesse, in modo tale da poter preservare i risparmi in tempi di volatilità e con l’obiettivo di soddisfare altre esigenze finanziarie.

Da notare anche che nel corso dell’ultimo anno gli Stati Uniti si sono portati dall’ottavo al quinto posto posto, mentre la Cina, prima tredicesima, si è issata in decima posizione, nonostante l’atteggiamento ostile del governo di Pechino nei confronti delle criptovalute che non siano lo yuan digitale, ormai pronto a fare il suo atteso debutto.

Per quanto riguarda il nostro Paese, l’Italia si trova al momento al 41° posto, immediatamente alle spalle dell’Australia. Una sorta di limbo che sembra indicare un certo interesse verso gli asset digitali, ma non al livello di Paesi ove gli stessi sono ormai utilizzati nella vita quotidiana per effettuare pagamenti, come apprezzabile alternative all’interno del portafogli d’investimento, oppure per cercare di proteggere il valore d’acquisto messo in pericolo da livelli troppo elevati di inflazione.

L’ultimo dettaglio di un certo interesse evidenziato dagli analisti di Chainalysis è poi quello relativo all’andamento dell’adozione globale nel corso del tempo, che di fatto, sembra essersi stabilizzata, dopo la crescita della sua intensità registrata a metà del 2021 e le oscillazioni registrate a partire da un anno a questa parte.

Non resta a questo punto che attendere i risultati del Global Crypto Adoption Index del prossimo anno per capire se il crypto winter avrà spinto molti ad  allontanarsi dalle criptovalute o se, al contrario, la fiammata inflattiva in atto al momento avrà agito nel senso contrario.

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