Domenica 25 settembre si terranno le elezioni politiche in Italia. Un appuntamento preceduto da un dibattito politico che, a detta degli osservatori, non è stato particolarmente esaltante. Se non sono mancate le solite accuse da una parte e dall’altra, abbastanza stucchevoli in considerazione del fatto che ormai le coalizioni che tengono dentro entrambi gli schieramenti rappresentano una consuetudine, occorre sottolineare un’assenza di non poco conto, quella delle criptovalute.

Se in altre parti del globo gli asset virtuali sono ormai parte integrante  dei programmi elettorali, si pensi ad esempio all’importanza data al tema dal sindaco di New York, Eric Adams, nel nostro Paese sembra che quasi nessuno conosca o sia comunque interessato a Bitcoin e Altcoin. Tanto che soltanto due partiti hanno riservato spazio al tema all’interno dei loro programmi.

Al M5S, che del resto ha affrontato il tema nel corso della passata legislatura con la presentazione di proposte in entrambi i rami del Parlamento, si è infatti affiancata in questa occasione la Lega. Un’aggiunta che potrebbe essere stata provocata da quanto accaduto di recente a Silea, nell’hinterland di Treviso, ove il crac di New Financial Technology ha fatto scomparire decine di milioni di euro seminando disperazione in un gran numero di investitori. Andiamo quindi a vedere cosa sta accadendo nel dibattito elettorale italiano.

Il M5S e le criptovalute: cosa dice il programma?

Come abbiamo ricordato, il M5S è stato l’attore che più di altri si è speso per cercare di normare le criptovalute in Italia. Lo ha fatto tramite un disegno di legge presentato dal deputato Davide Zanichelli, fautore anche dell’intergruppo “Valute virtuali e blockchain”, il quale ha cercato di conferire una certa organicità alla materia, senza però riuscire a smuovere le acque. Un disegno di legge che ha fatto peraltro da base ad un’altra iniziativa, quella in Senato di Elena Botto, una dei tanti transfughi del movimento fondato da Beppe Grillo, anch’essa rimasta senza risposta dopo la fine della legislatura.

Il programma del movimento guidato ora da Giuseppe Conte affronta il tema a pagina 11, ove è affermata l’intenzione di definire un piano industriale basato sulle tecnologie strategiche per il futuro, in cui sono annoverate manifattura digitale, fintech, valute digitali, intelligenza artificiale e robotica, agrifoodtech, aerospazio, web3, semiconduttori, scienze della vita, creazione di contenuti digitali, metaverso, nanotecnologie e quantum computing.

Se è apprezzabile l’intenzione, siamo però ancora nel campo dei semplici intenti, senza che sia indicato l’atteggiamento da prendere affinché non possano più ripetersi episodi come quello di Silea e, soprattutto, si decida se lasciare campo libero alle aziende del settore con i rischi che possono derivarne, o se invece provare a sfruttare il potenziale delle criptovalute in termini di pagamenti digitali, facendone magari uno strumento in grado di aiutare il fisco a tracciare i trasferimenti di risorse limitando una piaga endemica come l’evasione fiscale. Nel corso del prossimo quinquennio, ci sarà comunque occasione per precisare queste tematiche.

La Lega punta alla regolamentazione delle criptovalute

In questa occasione, anche la declinante (almeno stando ai sondaggi) Lega ha deciso di dire la sua sul tema. Lo ha fatto a sua volta a pagina 29 del programma presentato al corpo elettorale, proponendo l’introduzione di un quadro normativo tale da “prevedere una specifica definizione e classificazione delle criptovalute e dei token, al fine di svilupparne l’utilizzo e considerata l’esigenza di stabilire anche sul mercato italiano regole per le infrastrutture e gli attori di questo nuovo mondo della finanza digitale”.

L’obiettivo indicato è quello di riuscire a individuare le misure più idonee per il trattamento fiscale delle valute virtuali, in modo tale da riuscire a superare la mera equiparazione delle cripto- valute alle valute tradizionali e riuscire finalmente a dare certezza a tutti gli operatori del settore. Se è apprezzabile la voglia di rassicurare le imprese che anche nel nostro Paese si stanno adoperando nel settore dell’innovazione finanziaria, lo sarebbe stata ancora di più quella di tenere fuori gli investitori del nostro Paese dai pericoli collegati alla mancanza di regole in un settore  che invece andrebbe regolamentato in maniera molto rigida.

Anche in questo campo, come in molti altri, sembra quindi emergere l’atteggiamento improntato all’intenzione di lasciare campo libero alle forze economiche, confidando nelle virtù taumaturgiche del mercato. Virtù le quali, però, non sembrano essere servite a molto negli ultimi mesi, quando l’effetto domino innescato dal crac di Terra (LUNA) ha letteralmente rovinato un gran numero di persone che probabilmente avevano ceduto ad una narrazione la quale non tiene conto di un dato ormai evidente: i fatti hanno la testa dura.

Per gli altri gli asset virtuali non esistono

Se M5S e Lega hanno provato ad affrontare un tema che potrebbe presto diventare cruciale, il resto del mondo politico tricolore sembra invece non interessato ad esso, come si può appurare dalla mancanza di qualsiasi accenno nei vari programmi elettorali.

Un’assenza tale da destare un certo stupore, soprattutto se paragonata all’interesse sempre crescente da parte di molti politici di ogni parte del globo, a partire da quel Nayib Bukele il quale, dopo aver fatto approvare a El Salvador una controversa Bitcoin Law ,ora ha deciso di ripresentarsi per un secondo mandato da presidente che potrebbe ottenere in virtù di una popolarità la quale non sembra essere stata eccessivamente intaccata dalle proteste di piazza contro il provvedimento e dalle perdite causate dall’acquisto di valuta digitale portata avanti nel corso degli ultimi mesi.

Se Bukele può essere considerato l’esponente pro-crypto più citato in assoluto, occorre però sottolineare come il Paese ove la politica si è maggiormente interessata al denaro digitale siano gli Stati Uniti. Se Biden ha di recente emanato un ordine esecutivo con il quale ha dichiarato il valore strategico di criptovalute e dollaro digitale, in precedenza aveva destato molta curiosità l’attenzione dell’allora candidato sindaco di New York, Eric Adams nei confronti del Bitcoin. Tanto da spingerlo a dichiarare l’intenzione di fare della Grande Mela il più grande hub globale di criptovalute, in aperta contrapposizione ad un collega, quello di Miami, Francis Suarez.

Le criptovalute, del resto, hanno ripetutamente fatto capolino nella scena politica a stelle e strisce. Non sono ad esempio pochi i candidati a cariche politiche che hanno deciso di sovvenzionare le proprie campagne elettorali con donazioni sotto forma di asset virtuali. Lo ha fatto ad esempio Andrew Yang, partecipando alla fase iniziale delle primarie per il Partito Democratico, in coerenza con il suo sostegno all’innovazione finanziaria.

Così come ha deciso di seguire questa strada Katie Britt, candidata per il Partito Repubblicano al Senato. Nell’annunciare la sua decisione in tal senso non ha mancato di esternare il suo entusiastico sostegno per l’ecosistema delle criptovalute, la tecnologia blockchain e, a sorpresa, per quel meccanismo di consenso proof-of-work tanto esecrato da gran parte del mondo politico in ogni parte del globo. Un sostegno talmente fuori contesto da far dubitare che la Britt conosca realmente il settore per il quale proclama il suo fervido appoggio.

La speranza, di fronte alla povertà del dibattito sull’innovazione finanziaria che caratterizza al momento il nostro Paese, è che perlomeno i nostri politici mostrino una consapevolezza sul tema che non sia paragonabile a quella di Katie Britt, ma più vicina a quella di Cynthia Lummis, la senatrice repubblicana del Wyoming ormai da lungo tempo impegnata sulle tematiche collegate al mondo crypto e dichiarata sostenitrice del Bitcoin, che sul tema è considerata una veterana.

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