La vicenda di Voyager, l’azienda crollata sotto i colpi del crypto winter, potrebbe avere sviluppi positivi per gli ex clienti della piattaforma coinvolti nel crac. L’exchange di criptovalute FTX, infatti, nel corso di un’asta tenutasi nel mese di settembre ha avanzato un’offerta di acquisizione delle restanti attività nell’ambito del quale è previsto anche un piano di rimborso per effetto del quale gli utenti potrebbero recuperare il 72% di quanto perso.

Per poter diventare attivo, però, l’accordo deve attendere che il giudice fallimentare incaricato, E. Wyles, approvi il piano di pagamento che deve essere presentato da Voyager. Stando alle indiscrezioni emerse sinora, tale piano dovrebbe essere presentato nel corso del prossimo mese di dicembre.

Lo stesso Wiles, per dare il suo beneplacito, ha comunque voluto insistere sul fatto che Voyager dovrebbe a sua volta includere la cosiddetta “uscita fiduciaria”, una clausola fallimentare standard la quale permette a una società sotto la protezione del tribunale di prendere in considerazione offerte più elevate prima che una vendita possa essere dichiarata definitiva. Al momento, però, stando all’avvocato fallimentare dell’azienda coinvolta, Christine Okike, FTX US rappresenterebbe l’unica alternativa praticabile alla società al fine di poter recuperare i fondi degli utenti.

La società ha anche accettato di cambiare la formulazione dell’uscita fiduciaria in modo tale da garantire che si possa prendere in considerazione un’offerta migliore, chiedendo inoltre al giudice Wiles il permesso di condividere il piano di pagamento con i creditori tramite l’effettuazione di un voto. Nel caso in cui gli stessi dovessero votare a favore del piano proposto, il giudice avrebbe comunque l’ultima parola sul fatto che il piano, ovvero la vendita effettiva, possa andare avanti.

Voyager: le proposte sul tavolo

Occorre a questo punto fare un passo indietro per capire quello che sta accadendo. Nel corso dell’asta tenuta a settembre, il duello era stato in pratica tra due proposte, almeno stando alla ricostruzione del Wall Street Journal:

  1. quella di FTX, che prevede l’acquisto di tutte le attività detenute da Voyager, ai prezzi di mercato, ovvero 1,3 miliardi di dollari, cui si vanno ad aggiungere altri 111 milioni di valore incrementale;
  2. quella di Binance, che ha a sua volta proposto una cifra complessiva superiore di circa 50 milioni rispetto alla precedente.

Proprio il fatto che ci sia anche questa seconda proposta rende strana la dichiarazione di Christine Okike. Da parte sua, Voyager ha affermato che l’accordo “massimizza il valore e riduce al minimo la durata residua della ristrutturazione della società fornendo un chiaro percorso da seguire per i debitori per completare un piano del capitolo 11 e restituire valore ai clienti e agli altri creditori”. Le due società coinvolte, inoltre, hanno peraltro emesso una nota congiunta in cui spiegano che FTX US consentirà ai clienti di scambiare e conservare criptovaluta dopo la conclusione dei casi del processo di ristrutturazione previsto dal capitolo 11 di Voyager.

Non resta quindi che capire se la vicenda di Voyager sia destinata a concludersi in maniera simile a quella di Nuri, la crypto-bank tedesca che sta restituendo i fondi dei clienti dopo la dichiarazione di bancarotta, ipotesi che non sembrava certo scontata nel momento in cui è avvenuto l’inabissamento dell’azienda sotto le difficoltà causate dalla vera e propria gelata del settore.

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La variabile rappresentata dal Texas

Nella vicenda in questione, c’è peraltro un altro spettatore interessato, ovvero il Texas, che sta cercando di imporre requisiti aggiuntivi che FTX dovrebbe soddisfare per l’acquisizione di beni da Voyager Digital, la quale opera sotto la protezione del tribunale fallimentare federale. Il nodo del contendere deriva dal fatto che entrambi gli scambi di criptovaluta interessati non sono conformi alle leggi statali in quanto gestiscono denaro senza possedere idonee licenze. Anzi, i documenti depositati nel caso di fallimento hanno anche rivelato che FTX e il CEO Sam Bankman-Fried, sono indagati dal Texas State Securities Board.

Il consiglio di amministrazione e il Dipartimento delle banche del Texas chiedono quindi che all’accordo di vendita sia aggiunta una postilla dalla quale risulti chiaramente che Voyager rimane responsabile per comportamenti illeciti verificatisi dopo la presentazione dell’istanza di fallimento, ma prima della chiusura dell’operazione di vendita. Per poter essere valida tale postilla, però, occorre che FTX rispetti la legge statale prima di poter iniziare i suoi affari sul campo. L’accusa di violazioni in tal senso è stata però negata dall’azienda di Sam Bankman-Fried.

Un portavoce dell’exchange ha infatti affermato in una dichiarazione resa a Forbes che è in corso la procedura relativa all’ottenimento di una licenza e che in attesa che essa sia effettivamente accordata FTX opererebbe nel pieno rispetto delle leggi e delle possibilità accordate in questi casi.  Un parere il quale è però respinto dalle forze dell’ordine texane, secondo le quali FTX US, la società madre FTX Trading, Bankman-Fried e altri due dirigenti sarebbero sotto indagine per aver potenzialmente dato luogo ad una offerta di titoli non registrati sotto forma di conti fruttiferi a residenti degli Stati Uniti. Conti i quali, peraltro, sembrano essere simili agli investimenti offerti da Voyager.

Resta ora da capire se la presenza del Texas in questa complessa vicenda possa rappresentare, o meno, una turbativa verso una conclusione della faccenda Voyager. I clienti coinvolti nel crac sperano naturalmente che almeno per quanto riguarda la ristrutturazione del debito non si creino ulteriori ostacoli.

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