Una notizia che cela una decisione alquanto significativa e che vede la massima espressione di tale scelta nelle dichiarazioni rilasciate da Jenna Lyle, portavoce delle scuole pubbliche di New York. Di cosa parliamo? Ve lo diciamo subito, facciamo riferimento al fatto che le scuole pubbliche della Grande Mela hanno deciso – ufficialmente – di bandire ChatGPT dai dispositivi scolastici e dalle reti Wi Fi. Ecco il motivo e di cosa si tratta.
Cosa rappresenta ChatGPT
Prima di poter svelare i motivi che avrebbero portato a tale decisione, occorre sapere cos’è precisamente ChatGPT, al fine di avere una visione più chiara di tutta la situazione. Lo strumento in questione altro non è che un chatbot basato sull’intelligenza artificiale, il quale è stato rilasciato da OpenAI lo scorso novembre. Uno “strumento” che si è fatto largo tra il pubblico conquistandolo in pochissimo tempo grazie alle sue grandissime capacità di rispondere in maniera “umana”, ma che, al contempo, ha fatto registrare la disapprovazione da parte delle organizzazioni interessate.
Nel caso specifico, la preoccupazione principale ricade nel fatto che gli studenti possano utilizzare questo “strumento” con lo scopo di imbrogliare i test, consegnando dei temi che non hanno scritto di loro pugno, essendo questa AI in grado di generare testo anche esteso. Questo potrebbe determinare, quindi, una carenza a livello di apprendimento, in quanto il tutto risulterebbe fin troppo semplice da utilizzare, senza avere le basi che derivano dalla cultura scolastica.
ChatGPT è l’acronimo di “trasformatore generativo pre-addestrato”, un’applicazione impressionante che genera testo tramite un modello di intelligenza artificiale linguistico allenato su testi presenti su Wikipedia e informazioni prese online. Un “congegno” in grado di poter rispondere a dei quesiti relativi a fatti, il quale è in grado anche di scrivere saggi e articoli che, spesso, non si differenziano da quelli elaborati dalla mano dell’uomo e, man mano che l’intelligenza artificiale prenderà piede e migliorerà, le differenze tra le due ‘fazioni a confronto’ saranno appiattite o, praticamente, quasi nulle.
Le dichiarazioni di Jenna Lyle
Come dicevamo prima, Jenna Lyle, portavoce delle scuole pubbliche di New York, ha scritto una mail a NBC News ove mette in evidenza l’efficacia dell’applicazione che è in grado di fornire risposte rapide e semplici alle domande, ma, al contempo, non permette di sviluppare le capacità del pensiero critico e la risoluzione dei problemi, i quali sono alla base per il successo accademico di uno studente. D’altronde, bisogna anche tenere conto del fatto che il chatbot potrà anche essere bandito dalle scuole, ma questo non impedirà agli studenti di poterlo utilizzare attraverso i propri dispositivi e, di conseguenza, attraverso l’uso di reti cellulari o Wi-Fi non scolastici.
L’altra faccia della medaglia
Se da un lato c’è chi non approva l’uso di chatbot, dall’altro c’è chi, invece, apprezza la sua efficacia. È il caso di Adam Stevens, un insegnante della Brooklyn Tech, che paragona ChatGPT al motore di ricerca più famosa al mondo, ovvero Google. Inoltre, aggiunge che potrebbe persino essere un alleato per gli insegnanti, che potrebbero utilizzarlo come risposta al saggio di base, al fine di far lavorare la classe insieme per ottenere dei miglioramenti.
Stevens prosegue dicendo che, il punto cruciale di tutto, risiede nel fatto di poter invitare gli studenti a ‘esplorare le cose che vale la pena conoscere’.
Infine, appare consapevole del fatto che tale ‘strumento’ rimarrà e che le vere sfide della vita saranno quelle future, quelle dettate dalla ricerca del lavoro, allora, in quel caso, potranno contarsi le potenziali ricadute sociali.
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