Il fenomeno ChatGPT ha dato uno scossone al mondo del Web arrivando a mettere in allarme persino Google, che lo scorso martedì ha annunciato i piani in atto per il lancio di Bard, la propria versione di chatbot AI, ma non ha tardato a rimediare la prima figuraccia. Proprio questa eccessiva fretta, stando alle ultime voci di corridoio, non sarebbe andata giù ai dipendenti di Google, che pare abbiano apertamente criticato tale mossa.

Bard e la magra figura di Google

Riavvolgiamo brevemente il filo e ripercorriamo brevemente gli eventi alla base di questa — presunta — polemica interna a Big G.

Lo scorso 1 febbraio erano emerse le prime indiscrezioni a proposito di “Apprentice Bard” quale risposta di Google a ChatGPT; pochi giorni più tardi, il colosso di Mountain View aveva confermato le voci e dato l’annuncio ufficiale di Bard: il post del CEO Sundar Pichai lo descrive come un “servizio sperimentale di intelligenza artificiale conversazionale” e ne indica la base nella piattaforma LaMDA (Language Model for Dialogue Applications), che Google sta sviluppando da un paio di anni.

All’annuncio era seguita una breve demo con annesso errore di Bard — incapace di rispondere correttamente ad una domanda non impossibile sullo James Webb Space Telescope — costato ad Alphabet la bellezza di 100 miliardi di dollari.

Critiche interne a Pichai: Bard non era pronto

Stando a quanto riportato da CNBC, i componenti dello staff di Google non avrebbero risparmiato delle aperte critiche a Sundar Pichai per la scelta di affrettare eccessivamente il lancio di Bard. Tali critiche avrebbero trovato espressione sul forum interno Memegen: un dipendente si sarebbe rivolto direttamente a Pichai in questi termini: “Caro Sundar, il lancio di Bard e i licenziamenti sono stati affrettati, fallimentari e miopi“; un altro ancora avrebbe posto l’accento sulla risposta del mercato ad una mossa così azzardata.

Ad onor del vero, Bard di Google non è ancora pubblicamente disponibile, a differenza della versione di Bing con intelligenza artificiale frutto della collaborazione tra Microsoft e OpenAI (a cui si deve la creazione di ChatGPT) e comunque non ancora priva di difetti. Prima di portare il proprio chatbot AI a tutti gli effetti sul mercato nelle settimane a venire, Big G intende testarlo in maniera nettamente più approfondita, arrivando a coinvolgere nelle prove tutti i propri dipendenti.

Insomma, giunti a questo punto non ci resta che attendere e sperare che la versione pubblica di Bard sia parecchio migliore di quella costata una fortuna ad Alphabet.

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