Tik Tok ha deciso di affidarsi a nuovi data center in Europa al fine di conservare i dati degli iscritti sul territorio continentale. Una decisione la quale si incarica di rispondere, con tutta evidenza, alle preoccupazioni in tema di privacy che si vanno facendo sempre più largo anche sul territorio dell’Unione Europea. Dopo aver annunciato il varo di una prima struttura posizionata in Irlanda, ora l’azienda cinese ha espresso la sua intenzione di costruire altri tre data center, al cui interno dovranno essere gestiti i dati relativi ai cittadini europei.
Indice:
La strategia di TikTok per rispondere alle preoccupazioni in materia di privacy
Dopo aver dichiarato il varo del primo data center in Irlanda, denominato European Transparency and Accountability Centre, ubicato a Dublino, TikTok ha intensificato la sua offensiva tesa a rassicurare le istituzioni europee per quanto riguarda la protezione delle informazioni che fanno riferimento agli utenti del vecchio continente. Saranno infatti messe in campo altre due infrastrutture analoghe, di una sarà ancora posizionata in Irlanda, mentre per la seconda sono attese nuove informazioni, le quali arriveranno probabilmente con l’avanzare del progetto.
Il piano in questione è stato ufficializzato all’interno di un post pubblicato dalla stessa azienda, e sembra essere stato approntato proprio al fine di evitare che anche all’interno dell’Unione Europea si ripetano gli atti di aperta ostilità che si stanno verificando da parte del governo degli Stati Uniti. Molti Stati hanno infatti accusato apertamente l’azienda di rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale a causa dei suoi rapporti con il governo di Pechino. Rapporti che TikTok nega con assoluta decisione, ma di cui continua ad essere accusata.
Inoltre, anche alcune università statunitensi, tra cui Auburn University (Alabama) e University of Oklahoma, hanno deciso di vietare la piattaforma al loro interno e di disattivare anche il loro account sulla piattaforma. Un vero e proprio stillicidio, che preoccupa non poco i vertici aziendali.
Il trasferimento dei primi dati avrà luogo quest’anno
I primi dati rilasciati in fase di iscrizione dagli iscritti europei di Tik Tok verrano convogliati nei nuovi data center già nel corso di quest’anno. Mentre nel corso dell’anno successivo dovrebbero compiere lo stesso tragitto quelli rimanenti. Con questa operazione il social cinese intende rassicurare i governi europei sulla sua intenzione di non dare problemi per quanto riguarda una questione ritenuta ormai fondamentale a livello globale, ovvero il trattamento dei dati personali.
A commentare quanto sta accadendo è stato Rich Waterworth, TikTok Operations & Marketing Europe, il quale ha dichiarato. “È una grande soddisfazione per noi vedere come Tik Tok sia diventato parte integrante della cultura e della vita quotidiana degli europei. Continuiamo ad attuare concretamente la strategia di data governance delineata per l’Europa l’anno scorso, che prevede un’ulteriore limitazione dell’accesso ai dati degli utenti europei da parte dei dipendenti, oltre a minimizzare i flussi di dati al di fuori dell’Europa e conservare in loco quelli degli iscritti”.
Sono oltre 150 milioni gli utenti europei di TikTok
La piattaforma cinese può oggi fare affidamento su oltre 150 milioni di utenti attivi mensili, all’interno del continente europeo. Un dato cui contribuiscono 32 mercati, tra cui quello italiano, ove gli iscritti, in base alla rilevazione riferita al 2022, sarebbero già oltre 14,8 milioni, con un’età compresa tra i 13 e i 55 anni. Per quanto riguarda la forza lavoro, sono invece più di 5mila i dipendenti, dislocati in dieci Paesi: Italia, Germania, Belgio, Francia, Irlanda, Polonia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito.
La sua avanzata anche in Europa si è naturalmente mixata alle preoccupazioni collegate alle ripetute accuse da parte degli Stati Uniti di essere in pratica una sorta di emanazione del governo cinese. Preoccupazioni culminate nell’avvertimento lanciato da Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno nei confronti di Shou Zi Chew, in base al quale il social verrebbe bandito dall’Unione Europea ove non adeguasse le sue linee guida in tema di trattamento dei dati personali alle normative continentali entro il prossimo 1° settembre.
Sino ad ora, l’azienda è stata risparmiata da eventuali sanzioni, comminate invece nei confronti delle Big tech di oltreoceano (Meta, Google, Amazon). A spiegare questa apparente incongruità è stato Dexter Thillian, capo analista della tecnologia presso The Economist Intelligence Unit, affermando che l’UE si è concentrata sulle aziende più grandi. Ora, però, l’atmosfera sembra destinata a mutare. In particolare, la Commissione europea sta esaminando la questione relativa alla possibile violazione del GDPR, per quanto riguarda il trattamento dei dati dei minori e il possibile trasferimento dei dati relativi agli utenti europei al governo di Pechino. Indagini che si concluderanno entro il 2024. Nel frattempo, però, l’azienda deve iniziare a dare rassicurazioni fondate sui fatti, più che sulle parole.
Il Codice rafforzato delle buone pratiche sulla disinformazione: la risposta di TikTok
Intanto, TikTok ha provveduto a presentare il suo primo rapporto stilato in risposta alle richieste contenute all’interno del Codice rafforzato di buone pratiche sulla disinformazione, presentato dalla Commissione Europea nel mese di giugno dello scorso anno.
Nel suo rapporto l’azienda ha elencato i provvedimenti attuati al fine di rimuovere tutti i contenuti che vanno a violare la politica indicata a livello continentale per quanto riguarda le fake news e altre linee guida. Anche TikTok dovrà attuare una gestione adeguata dei post illegali e definire nel modo più trasparente possibile le proprie operazioni pubblicitarie, in linea con i contenuti esplicitati dal Digital Services Act.
Nel caso non ottemperasse nei dettagli a tale obbligo, per l’azienda si aprirebbe un nuovo fronte di guerra. Un evento che i suoi dirigenti stanno cercando di disinnescare per quanto possibile. Resta solo da capire se tali sforzi saranno ritenuti sufficienti dall’Unione Europea.
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