È di ieri la notizia relativa alla presa di distanza dell’Italia dalla proposta dell’Europa di vietare la produzione e la vendita di auto e veicoli dotati di motori termici a partire dal 2035.
Con un comunicato stampa pubblicato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica il Governo ha comunicato che venerdì 3 marzo (doveva essere oggi ma il dibattito si terrà dopodomani a Bruxelles), in occasione della riunione degli ambasciatori dei Paesi europei, voterà contro.
Perché il Governo dice no allo stop alle auto termiche
L’utilizzo di carburanti rinnovabili, compatibili con i motori termici contribuirà ad una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini ha affermato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, parole che già danno un’idea della posizione del governo stesso.
D’accordo con gli obiettivi di decarbonizzazione, ma questi ultimi vanno perseguiti attraverso una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa, spiega il Ministero nel comunicato stampa in questione. Perché vanno evitate ripercussioni negative per l’Italia, tanto dal punto di vista occupazionale quanto su quello produttivo.
Quindi la posizione del governo Meloni è questa: l’elettrico dovrà rimanere una scelta, il cui successo dipenderà molto da quanto le auto a batteria diventeranno accessibili.
Una razionale scelta di neutralità tecnologica a fronte di obiettivi ambientali condivisi deve consentire agli Stati membri di avvalersi di tutte le soluzioni per decarbonizzare il settore dei trasporti, tenendo conto delle diverse realtà nazionali e con una più graduale pianificazione dei tempi.
E adesso?
Quella dell’Italia non è una voce isolata perché stando a quanto dichiarato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso al “no” dell’Italia avrebbero fatto seguito anche altri Paesi europei non favorevoli allo stop delle auto termiche previsto per il 2035.
Speriamo che altri comprendano che è l’ora della ragione, non certo della rassegnazione! Su tutti i dossier saremo in campo sino alla clausola di revisione del 2026. Cambiare si può.
Parole del genere, stando a quanto riportato da ANSA, troverebbero eco in Polonia e in Bulgaria, le cui posizioni contrarie al blocco della vendita e della produzione di auto a benzina e diesel, sono note. La stessa Germania ha espresso delle riserve sottolineando la necessità di mettere in campo delle misure europee parallele sugli e-fuel (i combustibili liquidi o gassosi di origine sintetica che vengono prodotti attraverso dei processo alimentati da energia elettrica rinnovabile).
Die Bundesregierung macht auf Vorstoß der @fdpbt den Weg frei für den Einsatz von E-Fuels in normalen Verbrenner-Autos in 🇩🇪. Auch auf EU-Ebene werden wir uns weiter für Technologieoffenheit einsetzen, um unsere Klimaschutzziele zu erreichen! 🚀💪🏻🌎#futurebytechnology @bmdv
— Michael Theurer (@EUTheurer) February 28, 2023
Dunque uno scenario in bilico, come avevamo già previsto in occasione del sì del Parlamento europeo espresso a metà febbraio, tutt’altro che ufficiale e definitivo, a differenza di quanto sbandierato un po’ dappertutto. Lo stop alle auto a benzina e diesel per il 2035 è in bilico, e non escludiamo che l’Europa torni a rivedere il piano, prevedendo magari scadenze più distanti e delle alternative che possano limitare il più possibile eventuali impatti negativi sull’economia europea e sull’industria automobilistica stessa.
Ne sapremo di più nelle prossime ore perché la riunione degli ambasciatori degli Stati membri è prevista per venerdì 3 marzo, occasione che preparerà il voto finale del Consiglio dell’Unione Europea in programma martedì 7.
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