A meno di un anno dall’inizio della sua produzione, Intel ha già deciso di spedire in soffitta l’ASIC Blockscale 100, il suo chip ideato per l’utilizzazione nel mining di criptovalute. Il tutto senza neanche mettere in campo un prodotto sostitutivo, anche se non è ancora del tutto chiaro se questa strada sia stata abbandonata del tutto dall’azienda. Ad una precisa domanda in tal senso, infatti, Intel ha affermato in maniera molto generica che sta monitorando la situazione e le opportunità offerte dal mercato.
Intel blocca la produzione di ASIC Blockscale 100
La decisione di stoppare la produzione di ASIC Blockscale 100, il chip dedicato al mining di criptovalute, non può essere considerata del tutto sorprendente. Il prodotto, infatti, è arrivato sul mercato proprio nel peggior momento storico del mercato degli asset virtuali, ovvero in pieno crypto winter.
I ripetuti fallimenti di grandi realtà come Terra (LUNA) e FTX, i più clamorosi in una lunga teoria di clamorosi crac, ha infatti depresso il settore, spingendo al ribasso i prezzi di tutti i più importanti progetti, a partire dal Bitcoin, che ha visto la sua quotazione calare a circa un quarto del suo massimo storico, prima di tornare a crescere nel corso delle ultime settimane.
La ripresa di BTC, però, non sembra garantire del tutto chi intende tornare ad investire nell’universo dell’innovazione finanziaria. Soprattutto in un momento in cui il filone di business che sembra emergere è quello dell’intelligenza artificiale, cui si stanno rivolgendo praticamente tutti.
Di conseguenza, Intel abbandonerà la produzione del suo chip, anche se continuerà a produrlo per le aziende che hanno stipulato contratti a lungo termine per poterli avere. I clienti dell’azienda avranno infatti tempo sino al prossimo mese di ottobre per portare avanti le ordinazioni destinate a soddisfare le proprie esigenze minerarie. Le spedizioni, a loro volta, termineranno nel mese di aprile del 2024.
Intel sta ridefinendo i propri orizzonti
Di fronte ad una situazione come quella che si è andata prefigurando dall’inizio dell’anno, anche Intel ha deciso di ripensare in maniera profonda le proprie strategie, in modo tale da non farsi trovare impreparata. Va visto in questa ottica la dichiarazione rilasciata dal CEO Pat Gelsinger a Reuters, relativa all’intenzione di tagliare tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari di investimenti nel periodo che ci separa dal 2025.
Una decisione ispirata dalla situazione del settore dei semiconduttori, che dopo la carenza ereditata dalla pandemia di Covid è passata ad un’abbondanza tale da prefigurare un mercato sempre più problematico. Nel calderone dei costi da abbattere per ridefinire i margini di guadagno, è molto probabile che l’azienda abbia deciso di inserire anche un prodotto come il chip per il mining di criptovalute, considerandolo con tutta evidenza troppo rischioso da portare avanti in un momento problematico per l’innovazione finanziaria.
Per capire meglio, occorre ricordare che nel corso del terzo trimestre del 2022 i profitti di Intel sono stati inferiori dell’85% rispetto a quelli del concomitante periodo del 2022. Un trend che è proseguito nella parte finale dell’anno e che dovrebbe confermarsi anche nei prossimi mesi. Tanto che ormai da tempo si susseguono le voci relative al taglio della forza lavoro, anche se non è ancora chiaro il quadro complessivo.
Intel ha deciso di reagire alle difficoltà uscendo dal business dei server predefiniti, dei droni e da quello dei modem cellulari, oltre a fermare la produzione di memorie Optane. Inoltre ha deciso di accantonare anche i piani relativi ad un gigantesco laboratorio in Oregon e al centro di sviluppo che era stato messo in cantiere ad Haifa. La società ha poi ridotto alcuni programmi, a partire da quello relativo al Pathfinder RISC-V. Infine ha tolto di mezzo le GPU Rialto Bridge e deciso di posticipare al 2025 la produzione dei suoi chip Falcon Shores.
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