Dopo le ultime avvisaglie di circa un mese fa, lo Stato del Montana ha vietato TikTok. Si tratta del primo Stato USA a firmare una legge del genere, una mossa contro il social network cinese da parte del governatore del Montana Greg Gianforte, che spiega su Twitter sarà utile “per proteggere i dati personali e privati degli utenti dal Partito Comunista Cinese”.

A questa decisione è seguita la risposta di TikTok, che tramite la portavoce Brooke Oberwetter ha dichiarato come il disegno di legge firmato dal governatore del Montana violi i diritti del Primo Emendamento della popolazione del Montana, impedendo alle persone dello Stato di accedere al social network.

Ma non è la prima volta che le istituzioni si muovono contro TikTok; basti tornare indietro allo scorso febbraio quando la stessa Commissione europea ha deciso di bandire TikTok dagli smartphone dei suoi dipendenti. C’entra anche in questo caso la sicurezza e la volontà di proteggere i dati delle persone, per via della natura di un social come TikTok, tutt’altro che indipendente dal governo cinese e per questo motivo soggetto a determinate norme che potenzialmente mettono a repentaglio la privacy degli utenti. Ne rappresenta un esempio il caso dei giornalisti spiati, questione confermata dalla stessa ByteDance, società proprietaria di TikTok.

Con questo divieto si crea un precedente molto importante, sia per gli Stati Uniti che per il resto del mondo, che guarda con timore la poca trasparenza con cui le aziende cinesi o di altri paesi non in linea con le “norme occidentali”. Salvo dispute legali o problemi vari agli utenti del Montana sarà impedito il download dal prossimo primo gennaio 2024.

La procedura prevista è rimuovere TikTok dal Google Play Store e dall’App Store, pena multe di 10 mila dollari al giorno per i fornitori; non è prevista nessuna sanzione invece per gli utenti. Resta qualche dubbio sul fatto che il disegno di legge in questione vieti alle persone di accedere all’interfaccia web o meno.

Verso il divieto di Telegram, WeChat e altre app

Al di là della legittimità o meno di una decisione del genere, il governatore del Montana ha anche accusato altri servizi e social network d’oltreoceano. In un tweet pubblicato poche ore fa Gianforte ha detto di aver ordinato al Chief Information Officer dello Stato di vietare qualsiasi applicazione che fornisca informazioni o dati personali ad avversari stranieri.

Fra queste ci sarebbero Telegram (nata in Russia, seppur attualmente abbia sede a Dubai), le cinesi WeChat e Temu, oltre all’editor video CapCut e Lemon8, sempre della casa madre di TikTok.

La paura delle ingerenze politiche cinesi è concreta, e questa legge dimostra ancora una volta l’importanza che ricoprono social e app nella vita di tutti i giorni, come nelle dinamiche fra Stati. Sono ormai tanti i governi che temono che TikTok, o altri servizi cinesi possano essere utilizzati dalla Cina per spiare gli utenti, per promuovere i propri interessi politici o per altre questioni che dalle aziende europee o statunitense violerebbero le nostre leggi. C’entra soprattutto lo schema piramidale differente rispetto al nostro, dove il governo cinese è in ogni caso al vertice, cioè al di sopra delle aziende. E questa è solo una prima conseguenza, già ampiamente anticipata dall’amministrazione Biden lo scorso marzo.

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