L’intelligenza artificiale è l’argomento più caldo degli ultimi tempi, se ne parla ormai con cadenza praticamente quotidiana — anche con riferimento ai possibili rischi, che spaventano lo stesso CEO di OpenAI — e questa volta a farlo è stato Alessio Butti, Sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, che ha illustrato i piani del Governo italiano per incentivare gli investimenti in un settore – l’AI appunto — che nel prossimo futuro potrebbe fare da volano per la crescita del Paese.
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150 milioni di euro: un fondo per le startup dell’intelligenza artificiale
Il Sottosegretario Butti ha rilasciato delle importanti dichiarazioni in un’intervista resa a Class Cnbc in occasione dell’Artificial Intelligence Day. Tra le altre cose, si è posto l’accento sulla necessità di regolamentare l’intelligenza artificiale in maniera adeguata e di tenere sempre un occhio vigile sulle sue applicazioni concrete, ma soprattutto è stata riconosciuta la fondamentale esigenza di non disperdere i talenti che il nostro Paese è e sarà in grado di esprimere.
Per questo motivo, il Sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica ha parlato del tentativo in atto per istituire un fondo da 150 milioni di euro — almeno in partenza — con il quale offrire sostegno agli investimenti da parte di nuove startup nel settore dell’intelligenza artificiale. Si riportano le parole pronunciate da Butti:
«Il governo sta guardando agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, un’area in cui è necessario trovare un equilibrio tra i diritti umani e l’evoluzione tecnologica. Puntiamo ad aumentare l’indipendenza dell’industria italiana e coltivare la nostra capacità nazionale di sviluppare competenze e ricerca in un settore così strategico. Ho incontrato proprio la settimana scorsa i vertici di Cassa Depositi e Prestiti. Loro dispongono di qualche risorsa e alcune ne abbiamo noi come Dipartimento per la trasformazione digitale. Il mio obiettivo è realizzare un fondo, inizialmente di almeno 150 milioni di euro, una cifra che mi sembra già importante come partenza, per il mondo delle startup che vada su questa strada. Se vogliamo una politica industriale italiana per non essere dipendenti dagli altri, dobbiamo anche noi produrre intelligenza artificiale».
Un divario da ridurre
Lo sviluppo dell’Italia in questo campo non potrà passare unicamente attraverso la creazione del fondo descritto, ma anzi non potrà prescindere da un lavoro gomito a gomito che coinvolga le istituzioni, le università e il mondo della piccola e media impresa. Del resto, proprio la crescente importanza del ruolo dell’AI nell’economia e nella società in generale porterà ad un’enorme trasformazione del mondo del lavoro e solo una sinergia di questo tipo potrà consentire di farsi trovare pronti a recepire le sfide nascenti dall’impatto occupazionale dell’AI e dalla contestuale nascita e richiesta di nuove figure lavorative. A questo proposito, è importante richiamare l’attenzione sul Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024, nato dallo sforzo condiviso del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e del gruppo di lavoro sulla Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale.
Il programma si articola in 24 punti e copre argomenti dirimenti — dallo sviluppo delle competenze mancanti a ricerca ed applicazione — per aiutare il Paese a ridurre il divario dai vicini europei più reattivi nel recepire le sfide del futuro. Questo ritardo era stato sottolineato dallo stesso Butti in un intervento al Sole 24 Ore sulla AI: «Nel contesto europeo l’Italia sta facendo la sua parte per consegnare alla presidenza del Consiglio dell’Ue una legge europea sull’IA. Sul fronte nazionale la linea che stiamo seguendo è attenta sia alle opportunità da cogliere, sia ai rischi da scongiurare. Non partiamo da zero: il nostro mercato, pur con un valore attuale di poco superiore ai 38o milioni di euro, è raddoppiato in due anni. La media nazionale delle aziende che adottano soluzioni di IA è di circa il 35%, contro un 43% della media europea, anche se soffriamo più di altri lo squilibrio netto tra grandi player e piccole aziende, tra le quali appena il 6% del totale ha un progetto di IA attivo».
Al fine di scongiurare il rischio che le buone intenzioni rimangano relegate nella teoria, il Governo italiano — riferisce Butti — intende vigilare con una task force apposita: «In Italia dobbiamo aggiornare la strategia del settore, e quindi il Dipartimento per la trasformazione digitale sta lavorando alla costituzione di un gruppo autorevole di esperti e studiosi italiani». Per l’intervista completa, potete visionare il video sottostante.
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