Dall’Università Macquarie australiana arriva un sistema basato sull’intelligenza artificiale pensato per arginare il problema delle truffe telefoniche. Si chiama Apate, come la divinità dell’inganno greca, ed è un chatbot multilingue vocale che sa imbrogliare i truffatori fingendosi una vittima reale, intrattenendoli in lunghe conversazioni e facendo così perdere loro del tempo, tempo che i malintenzionati non possono quindi impiegare per trarre in inganno altre persone.
L’idea è venuta al professore Dalì Kaafar, direttore del Cyber Security Hub dell’Università Macquarie, principalmente per sopperire alla mancanza di un sistema efficace in grado di bloccare le truffe telefoniche, un problema anche in Australia, come dimostrano varie analisi come quella dell’ACCC (Australian Competition & Consumer Commission), in cui si stima che gli australiani abbiano perso oltre 3,1 miliardi a causa dei truffatori, considerando soltanto il 2022. Di qui Apate, un chatbot IA capace di truffare i truffatori, seppur ancora non perfetto perché in forma sperimentale.
Come funziona il chatbot che combatte le truffe telefoniche
“Avevo sprecato il tempo del truffatore in modo che non potesse ingannare le persone più vulnerabili, ma mi sono reso conto pure che erano 40 minuti della mia vita che non sarebbero tornati”, ha detto Dalì Kaafar mentre racconta in un articolo di una sua messa in scena casalinga contro un ignaro malintenzionato che lo aveva chiamato a casa durante una cena in famiglia con l’obiettivo di raggirarlo.
Dal desiderio di automatizzare tutto questo, nasce Apate, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale in questione che, tramite l’elaborazione del linguaggio vocale e una certa mole di dati per l’addestramento, può avere una conversazione credibile con i truffatori per evitare che questi ultimi possano ingannare altre persone.
La squadra del Cyber Security Hub dell’Università Macquarie ha per prima cosa analizzato le telefonate fraudolente andando a ricercare le tecniche che i truffatori utilizzano per raggirare le vittime, informazioni che tramite il machine learning e l’elaborazione del linguaggio naturale vengono identificate e raccolte in una sorta di database contenente anche altri dati (come le e-mail truffaldine, i registri di chat e altro) con cui addestrare i modelli.
Ne è risultato un sistema vocale potenzialmente globale perché in grado di parlare fluentemente in qualsiasi lingua, di essere convincente e difficile da distinguere rispetto a un interlocutore umano, come ha affermato lo stesso Kaafar: “I robot IA conversazionali che abbiamo sviluppato possono indurre i truffatori a credere di parlare con delle potenziali vittime reali e, di conseguenza, si dilungano per tentare di truffarli”.
Al momento, quest’ultimo e la sua squadra di ricerca sta collaudando il sistema, con l’obiettivo che sia in grado di tenere i truffatori impegnati in telefonate della durata di 40 minuti al massimo, e che permetta anche di identificare le truffe telefoniche per migliorare le soluzioni di tutela dei consumatori.
L’attuale versione di Apate è in grado di tenere in linea i truffatori per una media di 5 minuti, ancora poco rispetto al proposito che si sono dati gli sviluppatori e il professor Kafaar, che tuttavia rassicura che col tempo il chatbot sarà in grado di trascinare le chiamate più a lungo e di rispondere alle domande dei truffatori in maniera più intelligente rispetto a ora.
Il potenziale di una tecnologia simile è notevole, ma il Cyber Security Hub dell’Università Macquarie spera nella collaborazione con gli operatori telefonici per rendere tutto questo davvero efficace, la cui influenza potrebbe riguardare anche mercati al di fuori di quello australiano.
“Il metascenario definitivo sarebbe vedere i truffatori adottare loro stessi l’intelligenza artificiale, addestrando i propri chatbot truffaldini che vengono poi deviati per finire a parlare con i chatbot di proprietà degli operatori telefonici”. Ma è ancora presto per tutto questo.
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