Che Intel stia attraversando uno dei periodi più difficili per mantenere la propria leadership nel mercato dei chip non è una notizia di oggi. In questo contesto le prime avvisaglie risalgono già a un decennio fa e, nonostante sembrassero dei semplici “fuochi di paglia”, negli ultimi due-tre anni si sono invece rivelate delle minacce concrete che ora mettono in seria discussione la supremazia trentennale dell’azienda di Santa Clara nel settore. Tali minacce, se così vogliamo chiamarle, si possono sintetizzare senza dubbio col nome Arm (ma non solo), la vera alternativa che potrebbe intaccare il solido market-share del produttore statunitense già a partire dal prossimo anno.
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I PC del futuro potrebbero puntare su Arm ma anche su piattaforme diverse da quella Intel
La pressione esercitata dalle soluzioni e in generale dall’ecosistema Arm, a oggi è probabilmente quella più sentita da Intel; questo avviene perché molti colossi del settore (la maggioranza) vedono nella tecnologia Arm una valida e concreta alternativa alle proposte dell’azienda statunitense che, dati alla mano, ha già potuto constatare quello che potrebbe essere uno scenario apocalittico (passateci il termine esagerato) con le scelte fatte da Apple ad esempio. Quando l’azienda di Steve Jobs puntò con una semplice scommessa su quella che era una realtà emergente (Arm appunto), affidandogli i primi chip mobile per smartphone e ancora prima con Newton negli anni 90, in pochi a Santa Clara avrebbero scommesso su un futuro exploit di questo binomio. Inutile dire che sbagliavano.
Apple è stato uno dei partner più importanti per Intel fino a quando ha cambiato completamente rotta nel 2020 (anche prima se vogliamo), decidendo di non dipendere più dal colosso dei processori e sviluppando così una soluzione proprietaria che ora tutti conosciamo come Apple Silicon nelle sue diverse varianti ed evoluzioni. Ricordiamo che i vari Apple Silicon, anche quelli di ultima generazione, sono basati su architettura Arm e rappresentano l’esempio lampante di quello che potrebbe succedere se tutti i big di settore spingessero seriamente in questa direzione, investimenti e possibile successo a parte.
Il nemico per Intel non si chiama solo Arm intendiamoci, ma può essere ritrovato in altri importanti colossi come NVIDIA e AMD, Mediatek, Amlogic e TSMC, senza dimenticare realtà solidissime come Google e Amazon, aziende a prima vista innocue per il team blue ma che invece si stanno dimostrando tutt’altro vista la loro ricerca di una completa indipendenza “hardware”. A tal proposito le statistiche degli ultimi tre-quattro anni non mentono e hanno visto rosicare un’importante quota di market-share da parte di Chromebook e Mac, dispositivi che non solo possono funzionare con hardware diverso da quello Intel (Arm appunto), ma anche con sistemi operativi diversi da Windows come Chrome OS e macOS.
Qui poi entra in campo Microsoft che, in una visione molto ampia della vicenda, risulta probabilmente il vero motore trainante di questa “migrazione di massa” che, non si può negarlo, ha tra l’altro conseguenze anche interne visto il duopolio “Wintel” che ormai va vanti dall’inizio degli anni 90 (e ancora persiste). Gli esperimenti di Microsoft per spostarsi dalla piattaforma Intel a quella Arm risalgono al primo Surface RT, non proprio un successo ma una chiara indicazione di quelle che potevano o possono essere le volontà dei vertici di Redmond.
Attualmente Microsoft si sta muovendo su più fronti per favorire la diffusione di sistemi Arm, o comunque di piattaforme che non debbano per forza essere orientati su tecnologia Intel. La piattaforma Windows On Arm potrebbe ancora dire la sua con soluzioni come il più recente Snapdragon X Elite, ma Microsoft mira anche ad altro e in particolare a portare Windows su cloud per ridurre i costi e permettere agli utenti di utilizzare macchine non particolarmente potenti e/o costose. Sul versante cloud la piattaforma Arm è già ben collaudata, ma Microsoft non si limita solo a questo e recentemente ha annunciato anche la sua prima soluzione proprietaria Cobalt, basata sempre su Arm e destinata proprio al settore datacenter. Anche Amazon sembra condividere questo tipo di approccio, basti pensare alla recente rivisitazione di Fire TV Cube, convertito sostanzialmente in un dispositivo da lavoro adatto allo smart working, per fornire sicurezza e ridurre i costi tecnologici in ambiti aziendali.
Intel deve preoccuparsi? I vertici aziendali sono molto ottimisti
Insomma, Intel sembra essere sotto un fuoco incrociato che, dati alla mano, potrebbe iniziare a concretizzarsi già dal prossimo anno, soprattutto per la concorrenza di colossi come Qualcomm che mirano direttamente al segmento dei PC Windows, vero punto fermo nel fatturato dell’azienda di Pat Gelsinger. Intel da parte sua conferma un impegno costante e dichiara di essere focalizzata sul segmento PC come mai prima d’ora; allo stesso tempo il colosso dei processori non può mostrarsi troppo preoccupata soprattutto verso gli investitori che, dati (e fatturato) alla mano, possono contare su un’azienda solida e comunque attualmente leader di mercato.
I vertici aziendali ribadiscono che gli obiettivi sono importanti e sono soprattutto a portata di mano, il tutto però muovendosi in modo graduale e mirato, attualmente cercando di pareggiare in primis i conti con TSMC (almeno entro i prossimi due anni). Riguardo gli altri competitor citati sopra, al momento Intel non sembra molto preoccupata, sicuramente con una visione più ampia della nostra che guarda anche gli equilibri geopolitici, sempre più determinanti anche nel mondo della tecnologia (come può testimoniare del resto NVIDIA).
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