Da qualche settimana ormai è quasi certo: Apple Car non si farà. Il progetto, che ha impegnato il colosso di Cupertino per quasi 10 anni (ovvero dal lontano 2014), secondo quanto riportato da Bloomberg a fine febbraio è infatti giunto al termine.
Ed è sempre Bloomberg che ora svela retroscena molto interessanti sul difficile processo di gestazione di un’idea che è costata carissima alla mela morsicata – si parla di circa un miliardo di dollari all’anno. In passato era già emerso come Apple avesse considerato la possibilità di acquisire Tesla quando l’azienda di Elon Musk navigava in cattive acque, e cioè ai tempi in cui si stava scontrando con i problemi di produzione relativi alla Model 3.
Poi non se ne fece nulla, come sappiamo: ma da allora a Cupertino non hanno smesso di guardarsi attorno, nel tentativo di stringere partnership necessarie con le aziende leader del settore automotive per riuscire ad entrare in un mercato nuovo e complesso che sta peraltro affrontando proprio in questi anni una delicata fase di transizione verso l’elettrico.
Mercedes, Ford e l’acquisizione mancata di McLaren
Le novità emerse dall’ultimo report di Bloomberg si concentrano in particolare sulle trattative che Apple avrebbe condotto con Mercedes. Sul tavolo c’era la possibilità che la casa tedesca si occupasse della costruzione di Apple Car. A far saltare l’accordo, però, sarebbe stata la volontà di Mercedes di utilizzare la piattaforma di guida autonoma messa a punto dalla mela morsicata per sviluppare anche le proprie automobili del futuro.
A Cupertino, quindi, hanno preferito fare marcia indietro. Tra le altre strade tentate, a quanto pare, ci sarebbe stato anche quella di Ford: ma la possibilità di commercializzare un’Apple Car con il marchio Lincoln è naufragata in fretta, e secondo Bloomberg i colloqui non sono andati oltre ad un primo incontro.
Più clamoroso ancora ancora è però un altro retroscena, secondo cui Apple – quando ancora annoverava tra i suoi massimi esponenti Jony Ive – avrebbe valutato seriamente l’acquisizione di McLaren. Una mossa che avrebbe potuto assicurare ad Apple l’assorbimento del know-how necessario per lavorare con più concretezza sull’aspetto meccanico del progetto: ma anche in questo caso non se ne è poi fatto nulla.
Reinventare la ruota: anzi, le quattro ruote
Apple ci ha abituato a non avere fretta nell’integrare gli ultimi ritrovati tecnologici nei propri prodotti, ma di aspettare la giusta maturità per poterli poi implementare in maniera fin da subito affidabile e compiuta. “Project Titan” – questo il nome che internamente aveva il progetto Apple Car – costituiva quindi una bella deviazione dal tracciato usuale, perché non solo si sarebbe trattato di entrare in un mercato lontano da quello in cui Cupertino ricopre una posizione dominante, ma di farlo anche con un approccio rivoluzionario.
Sull’Apple Car, infatti, non ci sarebbero stati né volante né pedali, dato che nelle intenzioni iniziali della casa madre c’era l’intenzione di mettere in commercio un veicolo con un sistema di guida autonoma di livello 5, e cioè interamente governato dal computer di bordo.
Su queste basi si fondava il prototipo che, sempre secondo la ricostruzione fornita da Bloomberg, Apple avrebbe messo in pista a Wittmann, in Arizona, all’inizio del 2020. La vettura, stando alle indiscrezioni, avrebbe avuto l’aspetto di un minivan bianco, con un tetto completamente in vetro e porte scorrevoli: l’abitabilità interna sarebbe stata studiata per ospitare comodamente quattro persone.
L’unico strumento di controllo sarebbe stato un controller in stile videoludico affiancato da un’app per iPhone. Doug Field, a capo del progetto, aveva però allertato i dirigenti sulle difficoltà nel portare avanti un’idea tanto ambiziosa, proponendo di ridimensionare la guida autonoma al livello 3 (comunque superiore a quello che sta alla base del Tesla Autopilot, che è di livello 2), che ancora prevede e richiede la possibilità di un intervento attivo dell’utente, e dunque la presenza di volante e pedali.
Fine corsa o sosta ai box?
Ma le altre sfere di Apple hanno continuato fino all’ultimo a spingere il pedale sull’acceleratore, puntando al livello 5. Finché invece del traguardo alla fine non si è materializzato un vicolo cieco, e il progetto è stato definitivamente abbandonato.
E così il 26 febbraio 2.000 dipendenti impegnati al progetto hanno ricevuto un’e-mail che li avvisava di una riunione prevista per il giorno dopo: nel corso del meeting, è arrivata la conferma della chiusura dei lavori, con parte dei lavoratori che è stata licenziata, e parte che è stata ricollocata nelle divisioni AI e software.
È da notare che, nel frattempo, Apple aveva sondato pure una strada alternativa, puntando intanto a valorizzare il lavoro svolto sullo sviluppo software.
Già nel 2016 infatti aveva messo in strada, in California, una flotta di SUV Lexus equipaggiati con la propria tecnologia di guida autonoma. Il piano era di espandere questi test entro il 2024, e di vendere la guida autonoma come un servizio in abbonamento: una strategia decisamente più in linea con il modello di business dell’azienda.
Anche in questo senso la strada fatta non è stata molta: ma non possiamo escludere che si tratti solo di un lunghissimo pit-stop, e che Apple in un futuro (magari piuttosto lontano) possa tornare alla carica sul fronte dell’automotive nel tentativo di mettere a frutto l’esperienza e le tecnologie maturate (a carissimo prezzo) in questi anni.
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