Torniamo a parlare dello stupore che il telescopio James Webb suscita non solo tra gli scienziati, ma anche tra tutti gli appassionati di astronomia; di recente il telescopio è stato utilizzato da un team internazionale per analizzare l’arco delle Gemme Cosmiche, una galassia giovanissima denominata SPT0615-JD1.

Osservata per la prima volta dal telescopio spaziale Hubble nel 2018, ora grazie ai potenti strumenti di Webb abbiamo la possibilità di dare uno sguardo più approfondito facendo una sorta di tuffo nel passato, quasi agli albori dell’Universo.

Il telescopio James Webb ha individuato ammassi stellari in una galassia primordiale

Come anticipato in apertura, un team internazionale guidato dall’astronoma italiana Angela Adamo dell’Università di Stoccolma, a cui hanno partecipato anche Eros Vanzella e Matteo Messa dell’Istituto nazionale di astrofisica a Bologna, ha utilizzato il telescopio James Webb per osservare alcune giovani galassie dell’universo primordiale. 

Si tratta di qualcosa decisamente lontano da noi e per questo motivo difficilmente osservabile, per farlo è stato necessario sfruttare l’effetto di lente gravitazionale, circostanza che si verifica quando enormi masse (come ammassi di galassie) deviano, amplificano e moltiplicano la luce proveniente da sorgenti lontane, permettendoci di vederle. 

Grazie a questo effetto James Webb ha potuto osservare le Gemme Cosmiche esattamente com’erano quando l’Universo aveva circa 460 milioni di anni, praticamente agli albori, il telescopio ha individuato cinque ammassi stellari già legati gravitazionalmente, ogni ammasso ha una dimensione di circa 3 o 4 anni luce, caratteristica che li rende molto densi.

Le giovani galassie in questione vantano un enorme mole di importanti informazioni, considerando che hanno vissuto fasi di intensa formazione stellare in cui si sono generate grandi quantità di radiazioni ionizzanti.

I risultati ottenuti grazie alle osservazioni del telescopio James Webb sono importanti principalmente per due motivi: in primo luogo gli ammassi osservati sono i precursori degli ammassi globulari che osserviamo oggi e sono quindi utili per aiutarci a comprendere la natura e la storia passata degli ammassi vicini, in secondo luogo ammassi stellari così giovani, durante la loro formazione, possono ‘distruggere’ il mezzo interstellare della galassia ospite e, con le loro stelle giovani e massicce, giocare un ruolo chiave nel processo di reionizzazione dell’universo.

L’astronoma italiana Angela Adamo a capo del team internazionale ha così commentato le osservazioni del telescopio James Webb:

La sorpresa e lo stupore sono stati incredibili quando abbiamo aperto le immagini Webb per la prima volta. Abbiamo visto una piccola catena di punti luminosi, specchiati da un lato all’altro: queste gemme cosmiche sono ammassi stellari! Senza Webb non avremmo saputo che stavamo osservando ammassi stellari in una galassia così giovane.

Un altro interessante episodio dunque per il quale dobbiamo ringraziare il telescopio James Webb, gestito dalle agenzie spaziali di Europa (ESA), Stati Uniti (NASA) e Canada (CSA); come sottolineato da Eros Vanzella dell’Istituto nazionale di astrofisica a Bologna “Stiamo finalmente smascherando le origini delle prime galassie con la qualità e potenza del telescopio Jwst e, grazie al lensing gravitazionale, stiamo vedendo dettagli senza precedenti. L’universo a quell’epoca non era come quello odierno e questo ci appare adesso come un dato di fatto”.