È attualmente fissata per il 27 agosto prossimo venturo la partenza dal Kennedy Space Center della NASA in Florida della missione Polaris Dawn di SpaceX, quando in Italia saranno circa le 9:30 del mattino un razzo Falcon 9 porterà in orbita una capsula Dragon Resilience dell’azienda di Musk, inaugurando il Polaris Program.
Il programma in questione si compone di tre missioni, acquistate dall’imprenditore e filantropo statunitense Jared Isaacman, con lo scopo di “dimostrare importanti capacità operative, che fungeranno da elementi costitutivi per favorire l’ulteriore esplorazione umana sulla Luna, su Marte e oltre”.
Come si svolgerà la missione Polaris Dawn
L’equipaggio della missione Polaris Dawn sarà composto da quattro persone, il già citato Jared Isaacman, il pilota Scott Poteet, ex tenente colonnello dell’Aeronautica militare statunitense, l’ufficiale medico Anna Menon e la specialista di missione Sarah Gillis. I quattro saranno a bordo della capsula Dragon Resilience per cinque giorni, durante i quali raggiungeranno un’altitudine di 1.400 Km, mentre il sesto giorno è previsto il rientro con un ammaraggio al largo della Florida.
Durante la missione Polaris Dawn, oltre a tutta una serie di controlli e test, l’aspetto più interessante è che avrà luogo la prima attività extraveicolare (ESA) condotta da astronauti privati pianificata durante il terzo giorno in orbita, attività che verrà svolta per testare la nuova tuta sviluppata da SpaceX.
Il primo giorno l’equipaggio sarà impegnato in una serie di controlli approfonditi della capsula Dragon Resilience, il velivolo infatti attraverserà una porzione delle fasce di Van Allen nota come “anomalia del Sud Atlantico”, una regione caratterizzata da un elevato livello di radiazioni che “rappresenteranno quasi la totalità del carico di radiazioni della missione ed equivarranno a tre mesi trascorsi sulla Stazione Spaziale Internazionale“.
Il secondo giorno verranno eseguiti oltre quaranta esperimenti programmati in collaborazione con ventiquattro fra istituzioni e università americane e con l’Air Force Academy, verranno effettuati test per contribuire agli studi sulla malattia da decompressione, una ricerca relativa alla sindrome neuro-oculare associata ai voli spaziali, ma verranno anche raccolti tutta una serie di dati per avere maggiori informazioni su come le radiazioni spaziali influiscono sui sistemi biologici umani.
Il secondo giorno gli astronauti della missione Polaris Dawn saranno inoltre impegnati con i preparativi dell’attività extra veicolare, la capsula infatti non dispone di una camera di compensazione e quindi, nonostante l’ESA sia programmata per soli due membri, tutti e quattro in realtà verranno esposti al vuoto cosmico, circostanza che ovviamente richiede una serie di preparativi aggiuntivi.
La specialista di missione Sarah Gillis ha specificato in un’intervista che un’ora dopo aver raggiunto l’orbita “inizieremo un protocollo di pre-respirazione. È progettato per attenuare il rischio di malattia da decompressione quando ci esporremo effettivamente al vuoto indossando le tute spaziali […] Nel corso di circa 45 ore, abbasseremo lentamente la pressione della cabina e aumenteremo la concentrazione di ossigeno per attenuare il rischio, e questo ci condurrà fino all’inizio dell’attività extraveicolare”.
Durante la missione l’equipaggio testerà anche il sistema di comunicazioni Starlink basato sul laser per trasmettere un messaggio a Terra, fornendo dati utili sul possibile utilizzo di tale tecnologia per le future missioni sulla Luna e su Marte.
Le nuove tute di SpaceX
Abbiamo già accennato come gli astronauti della missione Polaris Dawn avranno il compito di testare le nuove tute spaziali sviluppate da SpaceX, l’azienda ha speso gli ultimi due anni nello sviluppo e nella produzione delle tute; saranno in grado di offrire una maggiore mobilità, un visore a proiezione (Hud), guanti touch per interagire con la strumentazione della capsula Dragon e con gli schermi in dotazione, una telecamera all’avanguardia, nuovi tessuti per la gestione termica e materiali.
La nuova tuta è l’evoluzione del modello intraveicolare già utilizzato dall’azienda, che in questo caso però è molto più simile a quelle attualmente utilizzate per le attività all’esterno della ISS, con una differenza fondamentale: le nuove tute di SpaceX non sono autonome e rimarranno collegate alla Dragon Resilience grazie a dei cavi “ombelicali” per garantire la sopravvivenza di chi le indossa.
Il test delle tute è molto importante visto che, nonostante siano state già sottoposte a centinaia di ore di test, non sono mai state utilizzate fuori dall’atmosfera terrestre; come sottolineato da Isaacman l’obbiettivo principale sarà “imparare il più possibile. Perché tutto ruota attorno alla realizzazione della prossima generazione. Stiamo continuando a migliorare iterativamente la tuta attuale in modo che SpaceX, un giorno, possa averne centinaia o migliaia per la Luna, per Marte, per lavorare in orbita. Costruire una tuta Eva non è un compito facile”.
Qualora l’attività extra veicolare della missione Polaris Dawn dovesse svolgersi come previsto, Isaacman e Gillis passeranno due ore fuori dalla capsula Dragon assicurati a dei cavi lunghi circa quattro metri a una quota di circa 700 chilometri dalla Terra; il tutto sarà trasmesso in diretta streaming grazie ad una serie di telecamere montate dentro e fuori la capsula.
Insomma, la prima missione Polaris Dawn ha tutte le carte in regola non solo per stabilire una serie di primati, ma anche e soprattutto per fare da apripista alle prossime due missioni con le quali sarà possibile testare procedure ed equipaggiamenti che l’azienda di Musk ha intenzione di usare a lungo e altrove.
L’importanza della missione nel settore privato è stata sottolineata anche da Bill Gerstenmaier, vicepresidente Build and Flight Reliability di SpaceX con la seguente dichiarazione:
Il ritmo di sviluppo che possiamo mantenere è molto simile a quello richiesto ai primi tempi dell’Apollo. Stiamo avendo la possibilità di farlo di nuovo; stiamo iniziando a spingere i confini del settore privato e ad apprendere cose che non saremmo in grado di imparare restando nell’ambiente privo di rischi qui sulla Terra. È tempo di uscire, di esplorare. È tempo di fare grandi cose e andare avanti.
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