Nel 2022 Intel perse l’opportunità di stipulare un importante contratto per la progettazione e la produzione dei chip che Sony utilizzerà per PlayStation 6, la nuova console che potrebbe arrivare sugli scaffali nel 2026.
Noto fu il tentativo di Intel di prevalere su Advanced Micro Devices (AMD) per la fornitura del prossimo chip, cosa che avrebbe permesso al colosso di ottenere miliardi di dollari di entrate a la produzione di migliaia di wafer di silicio al mese. Il tentativo fu, però, fallimentare.
Ma che cosa accadde esattamente?
A ricostruire quanto successe è un recente report di Reuters, che ricorda come Intel e AMD siano stati gli ultimi due contendenti nella gara d’appalto per il contratto di cui sopra.
Un contratto che avrebbe cambiato la storia di Intel
L’aggiudicazione dell’attività di progettazione dei chip per PlayStation 6 di Sony sarebbe evidentemente stata una vittoria per il segmento di progettazione di Intel e avrebbe rappresentato una vittoria per l’attività di produzione a contratto dell’azienda, l’originario cuore del piano di rilancio del CEO Pat Gelsinger.
In genere, infatti, le console Sony vendono più di 100 milioni di unità nell’arco di mezzo decennio. Per un progettista di chip, il settore delle console offre un profitto inferiore rispetto ai margini lordi superiori al 50% di prodotti come i chip per l’intelligenza artificiale, ma rappresenta comunque un’attività costante che può trarre profitto dalla tecnologia già sviluppata dall’azienda. Inoltre, l’attività svolta per Sony avrebbe potuto contribuire a rafforzare l’attività di produzione a contratto di Intel, che ora fatica a trovare nuovi grandi clienti.
Perché Intel non ha chiuso l’accordo
Tutto ciò premesso, Reuters ricorda come una disputa sull’entità dei profitti che Intel avrebbe tratto da ogni chip venduto al gigante giapponese dell’elettronica ha impedito a Intel di accordarsi sul prezzo con Sony. Le cose sono andate invece diversamente per la rivale AMD, che è riuscita ad aggiudicarsi il contratto attraverso una procedura di gara che ha eliminato a sua volta la concorrenza di altre aziende come Broadcom.
Le discussioni tra Sony e Intel sono durate mesi – prosegue Reuters – e hanno previsto anche degli incontri tra gli amministratori delegati delle due aziende, decine di ingegneri e dirigenti. Ad ogni richiesta di precisazione sul contenuto di tali discussioni, un portavoce di Intel ha dichiarato che la società non intende commentare alcuna conversazione con clienti attuali o potenziali. Insomma, impossibile sapere dai diretti protagonisti come si sono effettivamente svolte le cose.
Quel che è certo è invece che l’attuale generazione di console PlayStation di Sony è alimentata da chip personalizzati con un contratto di progettazione stipulato da AMD. È altresì certo che Sony ha annunciato la PlayStation 5 Pro, ma non ha ancora presentato la prossima generazione della PlayStation 6. A distanza di anni dal lancio del 2020, Sony ha dichiarato di aver venduto 20,8 milioni di sistemi PlayStation 5 di prima generazione nell’anno fiscale 2023.
Analogamente a quanto fanno grandi aziende tecnologiche come Google e Amazon, che si affidano a fornitori esterni per progettare e produrre chip AI personalizzati, Sony si affida a progettisti esperti per realizzare i processori dei sistemi, chip che cercano in genere di garantire la compatibilità con le versioni precedenti del sistema per consentire agli utenti di eseguire i giochi più vecchi sul nuovo hardware.
I problemi di retrocompatibilità al centro del mancato contratto
Ecco, dunque, che il passaggio da AMD, che ha realizzato il chip della PlayStation 5, a Intel, avrebbe messo a rischio la retrocompatibilità, che è stata oggetto di discussione tra gli ingegneri e i dirigenti di Intel e Sony. Garantire la retrocompatibilità con le versioni precedenti della PlayStation sarebbe stato costoso e avrebbe richiesto risorse ingegneristiche. Consentire agli utenti della PlayStation di giocare ai giochi acquistati per i sistemi più vecchi è una caratteristica che Sony include spesso in un sistema di nuova generazione.
Ora, dopo aver perso la prima ondata del boom dell’intelligenza artificiale dominata da Nvidia e AMD, Intel ha registrato un secondo trimestre negativo in agosto e, di conseguenza, ha annunciato l’intenzione di tagliare il 15% della sua forza lavoro per contribuire al risparmio stimato in 10 miliardi di dollari, preparando inoltre un piano per ridurre la spesa in conto capitale per l’espansione delle fabbriche.
Come se quanto sopra non fosse sufficiente, l’improvvisa partenza di Lip-Bu Tan, membro del consiglio di amministrazione, a causa di divergenze sul futuro di Intel, ha aumentato le difficoltà dell’azienda mentre Gelsinger e altri dirigenti di Intel presentavano i piani al consiglio di amministrazione in una riunione della scorsa settimana. Piani che, ricordiamo, includono idee su come eliminare le attività che Intel non può più permettersi di gestire. Si prevede che i dirigenti discuteranno anche del futuro di Altera, l’unità di chip programmabili di Intel, compresa una potenziale vendita, e della sua espansione produttiva in Germania.
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