Negli ultimi anni, la lotta contro la pirateria IPTV ha assunto una dimensione sempre più rilevante, coinvolgendo non solo le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine, ma anche gli stessi provider di servizi Internet e le grandi aziende tecnologiche. L’ultimo provvedimento in ordine di tempo arriva dall’Italia e coinvolge direttamente Google: il tribunale di Milano ha infatti ordinato al colosso di Mountain View di bloccare l’accesso ai siti di IPTV pirata direttamente a livello DNS; un intervento che potrebbe segnare un punto di svolta nella battaglia contro la trasmissione illegale di contenuti protetti da copyright.
L’Italia vuole che Google blocchi i siti IPTV a livello DNS
L’ordinanza del tribunale di Milano impone a Google di intervenire direttamente sui suoi servizi di risoluzione DNS, impedendo agli utenti di accedere ai siti web incriminati; questo significa che chiunque utilizzi Google Public DNS (i noti indirizzi 8.8.8.8 e 8.8.4.4) per navigare su Internet non potrà più raggiungere i portali di IPTV illegale identificati dalle autorità.
Si tratta di un provvedimento che segue la linea già adottata dall’AGCOM (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), che negli ultimi anni ha intensificato i blocchi amministrativi su scala nazionale. Tuttavia, il coinvolgimento diretto di Google introduce un nuovo livello di restrizione, che potrebbe rendere ancora più difficile per i pirati trovare scappatoie semplici ed efficaci.
La decisione del tribunale impatta principalmente su coloro che utilizzano Google Public DNS per navigare, in pratica, provando a visitare uno dei siti IPTV bloccati, gli utenti si troveranno di fronte a un errore di connessione, simile a quanto accade quando un sito viene oscurato dai provider italiani.
Va sottolineato che il blocco a livello DNS non rappresenta una misura insuperabile per chi è determinato ad aggirarlo: modificare i server DNS nelle impostazioni del proprio dispositivo o router può permettere di eludere questa restrizione; tuttavia, la maggior parte degli utenti utilizza i DNS predefiniti offerti dal proprio ISP o da Google, quindi questa mossa potrebbe effettivamente ridurre in modo significativo l’accesso a tali servizi illeciti.
La decisione di coinvolgere direttamente Google nella lotta alla pirateria apre un dibattito più ampio su questioni di censura e controllo del web, se da un lato la protezione dei contenuti e dei diritti d’autore è un obiettivo legittimo, dall’altro il blocco imposto a livello DNS potrebbe creare un precedente per future restrizioni su altri tipi di contenuti.
Per il momento, il provvedimento riguarda solo un numero specifico di siti IPTV identificati dalla magistratura italiana e già inibiti dalla piattaforma Piracy Shield, ma non è escluso che in futuro possano essere imposte nuove restrizioni ad altri servizi. Piracy Shield è un nome che ormai conosciamo tutti, si tratta della piattaforma antipirateria nata dalla collaborazione di AGCOM e SP Tech, il cui scopo è quello di bloccare tempestivamente (entro 30 minuti dalla segnalazione) tutti quei siti web che trasmettono in maniera illegale eventi protetti dal diritto d’autore.
Dalla sua nascita circa un anno fa la piattaforma ha avuto alti e bassi, dalla pubblicazione del codice sorgente sul web, all’entrata in gioco di Mediaset, passando per il lancio della versione 2.0 fino ad arrivare al blocco per errore di Google Drive. Per quanto le associazioni interessate, da AGCOM alla Lega Calcio, tessano le lodi di Piracy Shield, ci sono anche diversi detrattori
Resta da vedere se Google deciderà di contestare la decisione o se altri Paesi seguiranno l’esempio dell’Italia, imponendo blocchi simili. La guerra contro la pirateria è tutt’altro che conclusa, e questo episodio potrebbe rappresentare solo l’inizio di una nuova fase della lotta al fenomeno.
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