Sono passati alcuni giorni dal clamoroso mercoledì 2 aprile in cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un aumento dei dazi sulle merci straniere, il più grande e ampio da quasi un secolo. Ma quel clamore non si è ancora spento, affatto, tanto che anche oggi è stata una giornata particolarmente negativa per le borse, sia asiatiche che europee che statunitensi, situazione in linea con un trend negativo globale che potrebbe compromettere i commerci globali, anche quelli relativi alla tecnologia.

iPhone che aumentano di prezzo di oltre il 40% arrivando a superare con slancio i 2.000 dollari perché prodotti in Oriente, come la stragrande maggioranza dei prodotti tech, che venendo realizzati e/o assemblati negli stabilimenti dell’industria manifatturiera orientale costeranno di più. È una questione che riguarda direttamente gli Stati Uniti, ma che potrebbe condizionare indirettamente anche il mercato italiano ed europeo a causa di un probabile (e prevedibile) effetto a catena.

I dazi di Trump e i probabili effetti su Apple e sulle aziende tech

Il mercato che ne risentirà di più, almeno inizialmente, è proprio quello americano, considerando che i dazi sono una tassa sulle merci in arrivo dai paesi stranieri, imposta che ricade in concreto sull’importatore e che deve pagare alla dogana del Paese di ingresso. Ad esempio, se un bene cinese da importare negli Stati Uniti dalla Cina costa 1000 dollari, per via dei dazi al 54% verso la Cina (all’imposta già prevista del 20%, Trump ha aggiunto il 34%) all’importatore costerà 1540 dollari.

Altro esempio: se un iPhone 16 Pro da 256 GB ha un costo di produzione di 580 dollari, a causa dei nuovi dazi sui Paesi che ne producono i vari componenti potrebbe arrivare a quasi 850 dollari, secondo un’analisi di TechInsight riportata dal Wall Street Journal.

iPhone 16 Pro stima dazi

Di qui le varie ipotesi degli analisti che già circolano relativamente agli aumenti di prezzo per i consumatori finali (negli scenari più pessimistici si parla perfino di rincari del 43%), che potrebbero vedere la versione più costosa di iPhone 16 Pro Max, quella con 1 TB di memoria, passare dagli attuali 1599 a quasi 2.300 dollari, e a cascata tutti gli altri modelli più economici come il modello base di iPhone 16, che passerebbe da 799 a 1142 dollari. Discorso simile vale anche per gli altri prodotti dell’azienda di Cupertino, s’intende.

Apple sarà probabilmente l’azienda più colpita dai nuovi dazi, perché il 90% degli iPhone venduti in tutto il mondo viene ancora assemblato in Cina da Foxconn e Luxshare, e perché ci sono anche India e Vietnam tra i Paesi coinvolti nella nuova politica commerciale di Trump (dazi per il 26% e il 46% rispettivamente), proprio i due Paesi su cui l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, ha puntato e investito per diversificare la produzione dei suoi dispositivi (iPad e AirPods in Vietnam, iPhone in India).

La maggior parte dei componenti di questi ultimi, ma anche dei prodotti di molte altre aziende tech arrivano dall’Oriente, dove vengono molto spesso assemblati. È infatti una questione che riguarda anche produttori come Microsoft, Google, Dell, HP e molti altri, situazione da cui potrebbe derivare un potenziale effetto domino che rischia di mettere in difficoltà l’intero mercato dell’elettronica, e non solo negli Stati Uniti d’America.

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Le ipotesi sui possibili aumenti di prezzo in Italia e in Europa, che ha annunciato nuovi dazi

Secondo le prime stime di J.P. Morgan, una multinazionale statunitense che si occupa di servizi finanziari, Apple dovrebbe aumentare i prezzi del 6% in tutto il mondo per assorbire il colpo di questi nuovi dazi (che costerebbero ad Apple 33 miliardi di dollari all’anno e potrebbero causare un calo del 26% degli utili per azione). Per quanto riguarda il listino prezzi italiano degli iPhone equivarrebbero ad aumenti da circa 43 a 112 euro a seconda dei modelli e dei relativi tagli di memoria.

Ciò varrebbe nel caso in cui non dovesse diminuire la domanda, e qualora Apple dovesse scegliere di farsi carico per conto proprio dei costi extra che ne derivano, o se decidesse di assorbirli in parte limitando i rincari al solo mercato statunitense, che di fatto sarebbe colpito direttamente dai dazi a differenza dell’Europa e dell’Italia, ad esempio. Perché considerando che gli iPhone e gli altri dispositivi di Apple arrivano nel Vecchio Continente direttamente dall’Oriente, quindi senza passare per gli Stati Uniti, in teoria non dovrebbero subire le conseguenze dei dazi.

Per ora sembra essere tuttavia il primo scenario anticipato quello più probabile: ovvero l’opzione di far fronte ai costi aggiuntivi legati ai nuovi dazi aumentando i prezzi in tutto il mondo e non soltanto nel mercato colpito direttamente. Comunque, al momento né Apple, né altre aziende tech hanno comunicato i loro piani al riguardo, anche per via del fatto che la stessa questione relativa ai dazi è ancora in via di definizione.

Intanto, la Commissione Europea, nella giornata di oggi, ha annunciato che mercoledì 9 aprile approverà nuovi dazi sui prodotti statunitensi importati nell’Unione Europea. Si tratta di una ritorsione nei confronti dei dazi di Trump, che secondo il commissario europeo per il Commercio e la Sicurezza economica Maros Sefcovic dovrebbero entrare in vigore il prossimo 15 aprile, che ha tuttavia prospettato l’apertura a discussioni con l’amministrazione statunitense per trovare un accordo sostenibile per entrambe le parti. Probabilmente la situazione relativa ai prezzi europei dei prodotti di Apple e delle altre aziende statunitensi dipenderà anche da ciò e dai negoziati fra Europa e Stati Uniti.

One more thing: e gli iPhone “made in USA”?

Tre volte tanto, ovvero fino a 3500 dollari. Sarebbe il possibile prezzo di un ipotetico iPhone prodotto negli Stati Uniti secondo Dan Ives, un analista della società di servizi finanziari statunitense Wedbush Securities, a cui fanno eco le parole di altri autorevoli analisti che vedono alquanto improbabile lo scenario auspicato da Trump, ovvero spostare in casa la produzione delle aziende statunitensi come Apple.

C’entra il costo del lavoro molto più alto negli Stati Uniti che in Cina, India e Vietnam, ma anche l’assenza di infrastrutture e di personale qualificato in grado di competere con l’Oriente, che è ad oggi la principale potenza mondiale nel settore dell’industria manifatturiera.

Piuttosto scettico riguardo a una possibile produzione statunitense dei dispositivi di Apple anche Mark Gurman di Bloomberg, secondo cui l’azienda di Cupertino è probabile assorba in parte il colpo dei dazi erodendo i propri margini di profitto sulle vendite hardware, provando inoltre a fare pressione sui propri fornitori di componenti e partner affinché riducano i prezzi e, nel mentre, avrebbe intanto accumulato quante più risorse possibili (iPhone, Mac e altri dispositivi) proprio per cercare di ritardare l’impatto dei dazi sui prezzi. E sì, anche a suo avviso è probabile che Apple prenda in considerazione un adeguamento dei prezzi:

«Mi aspetto che Apple consideri seriamente degli adeguamenti di prezzo degli iPhone (rincari, ndr). È in questo caso vantaggioso (per Apple, ndr) che i consumatori abbiano probabilmente sentito parlare di fattori esterni e non lo considerino un modo per fare soldi».

In copertina c’è Apple iPhone 16e