Spotify ha lanciato qualche anno fa l’abbonamento “Premium Family” che permette, al costo di 14,99 euro al mese, di accedere a tutto il catalogo e senza alcuna limitazione a famiglie composte da un massimo di 6 persone. Tuttavia, come suggerisce anche il nome, questo piano è pensato solo per le famiglie.
Cercando però di aggirare la cosa sono moltissimi gli utenti che, seppur non appartengano alla stessa famiglia, impostano lo stesso indirizzo di residenza e condividono l’acceso così da poter risparmiare fortemente sul costo mensile dell’abbonamento.
Come notato da CNET, il mese scorso Spotify ha rivisto i termini e le condizioni per gli utenti con il piano famiglia indicando che l’app accedere alla posizione “di tanto in tanto“. Un requisito del piano familiare è che tutti gli utenti vivono allo stesso indirizzo e, raccogliendo i dati sulla posizione dagli utenti, Spotify spera apparentemente di poter impedire alle “non famiglie” di utilizzare il piano familiare.
Se da un certo punto di vista Spotify è totalmente nel giusto, visto che sta cercando di tutelare la propria compagnia e l’abuso che alcuni utenti fanno del piano famiglia, dall’altro non possiamo non notare come Spotify si stia incuneando sempre di più nelle nostre vite con i suoi strumenti di tracciamento.
Con servizi come Apple Music che sembrano porre molta enfasi nella privacy delle persone, Spotify sta prendendo una via sempre più opposta. D’altronde, ricordiamo che l’azienda sta faticando come non mai a generare profitti nonostante gli oltre 230 milioni di utenti attivi (di cui circa 108 milioni paganti) e un modo per generare più profitti e limitare l’abuso del piano famiglia.
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