La sicurezza informatica è un qualcosa da tenere fortemente in considerazione (anche dal punto di vista legislativo) quando si ha a che fare con i dati personali degli utenti. A questo proposito, vi segnaliamo che il gruppo LulzSecITA ha hackerato il server del patronato INAS-CISL rubando i dati di 37.500 utenti tra cui numerosi impiegati di ministeri e agenti della Polizia di Stato.
Il gruppo di hacker lo ha rivendicato direttamente su Twitter, sottolineando le poche misure difensive messe in atto per proteggere i dati degli utenti.
Ancora una volta, l’Istituzione Italiana si mostra incapace di #proteggere i #dati #sensibili dei propri cittadini, mettendo così in serio pericolo le loro vite, e se vogliamo parlare di numeri, sono ben 37.500. #LulzSecITA #Hacked #INAS #Anonymous #GDPR https://t.co/i46KxYJNfM pic.twitter.com/XzgujHls95
— LulzSecITA (@LulzSec_ITA) September 6, 2018
Trattandosi di un gruppo di attivisti il cui scopo non è quello di lucrare sui furti di dati, il furto dei dati non è stato seguito da un riscatto. L’obiettivo del gruppo probabilmente era quello di dimostrare la fragilità delle reti informatiche che devono mantenere al sicuro i dati che gli utenti hanno concesso a questi enti.
I dati pubblicati contengono nome e cognome degli iscritti al patronato, informazioni sulla loro posizione lavorativa, email, password dell’account e numero di cellulare.
Tra i nominativi poi ce ne sono parecchi che fanno riferimento a indirizzi email del Ministero di Giustizia, del Ministero dell’Interno e anche della Polizia di Stato.
Non siamo a conoscenza dei dettagli ma è probabile che i server non utilizzassero alcuna forma di crittografia o di salt nei dati che gli utenti hanno condiviso con loro. Se dovesse effettivamente trattarsi di ciò, il patronato INAS-CISL sarebbe in chiara violazione di quanto prescritto dal nuovo regolamento GDPR.
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